Zeller, la sindaca che disprezza il tricolore
24 Mag 2025 - Italia
A Piazza Pulita la sindaca di Merano tenta di giustificare l’oltraggio alla bandiera italiana con pretesti identitari e vittimismi ideologici. Ma le scuse tardive non cancellano il gesto: chi non rispetta l’Italia, non può rappresentarla.

Katharina Zeller e l’intervista farsa: quando il tricolore diventa “opzionale”
Nella puntata di Piazza Pulita, andata in onda giovedì 22 maggio su La7, la sindaca di Merano Katharina Zeller ha provato — senza riuscirci — a giustificare il gesto che l’ha resa tristemente nota a livello nazionale: il rifiuto di indossare la fascia tricolore durante il proprio insediamento. Un gesto che, al netto dei tentativi di arrampicata sugli specchi, resta un atto di palese disprezzo verso il simbolo dell’unità nazionale e della Repubblica Italiana.
Una sceneggiata costruita a tavolino
Zeller ha raccontato a Corrado Formigli di aver reagito “d’impulso” di fronte a una “provocazione” del sindaco uscente Dario Dal Medico, che le avrebbe imposto la fascia. Una reazione definita “istintiva”, frutto di un carattere “ribelle”. Ma questa autodifesa da talk show si è rivelata più simile a una sceneggiata confezionata a uso e consumo della propria base identitaria germanofona, piuttosto che un sincero mea culpa.
Quando un sindaco eletto in Italia si rifiuta di indossare il tricolore — simbolo della Nazione, della Costituzione, delle istituzioni — non si tratta più di una bizza personale. È un’offesa. È vilipendio. Punto.
Tradizione altoatesina? No, provocazione secessionista
Nel tentativo di camuffare il gesto come rispetto per una tradizione “locale”, Zeller ha rivendicato l’uso del medaglione cittadino al posto della fascia. Ma si dimentica — o finge di dimenticare — che Merano non è uno Stato autonomo né una regione indipendente. È una città italiana, in territorio italiano, retta da leggi italiane. Non esiste alcuna consuetudine che giustifichi il rifiuto del simbolo nazionale.
Dietro il racconto delle “usanze altoatesine” si intravede piuttosto una visione separatista, che continua a considerare l’Italia come corpo estraneo, tollerato ma non riconosciuto. E questa è una pericolosa deriva ideologica che deve essere fermata sul nascere.
Il tricolore come “strumento della destra”? Ecco il vittimismo ideologico
Nel corso dell’intervista, la Zeller si è lanciata in un’affermazione gravissima: “Il tricolore viene usato dalla destra per dividere”. Sarebbe questa la giustificazione per non indossarlo? Siamo al paradosso: la sinistra e il mondo liberal che da decenni flirtano con ogni forma di mondialismo e relativismo identitario, ora accusano la destra di difendere con troppa forza l’identità nazionale. Forse perché è rimasta l’unica a farlo.
Il tricolore non è “di destra”: è di tutti gli italiani. E se per qualcuno rappresenta un problema, la domanda che sorge spontanea è: cosa ci fa costui (o costei) alla guida di un’amministrazione italiana?
Scuse tardive e fuori luogo
Solo dopo giorni di polemiche, una petizione con oltre 40.000 firme per chiedere le sue dimissioni e un evidente imbarazzo pubblico, Zeller ha deciso di “scusarsi”. Ma lo ha fatto in modo goffo, condizionato, poco credibile: “Indosserò la fascia con rispetto in futuro, secondo il protocollo”.
Come se il rispetto per la bandiera fosse una gentile concessione, non un dovere. Come se bastasse una toppa tardiva per rimediare a una ferita volontariamente inferta. Non è così che funziona la dignità di una carica pubblica.
Se non rispetti l’Italia, non puoi rappresentarla
Questa vicenda non riguarda solo Merano. Riguarda l’Italia intera. Riguarda la compattezza della nostra Nazione di fronte a chi vorrebbe ridurla a somma di etnie, minoranze e autonomie contrapposte.
Katharina Zeller ha dimostrato di non avere lo spessore istituzionale per rappresentare una città italiana. La sua intervista a Piazza Pulita è stata un tentativo maldestro di ripulirsi l’immagine, ma ha ottenuto l’effetto opposto: ha reso ancora più evidente la distanza tra la sua ideologia e i valori repubblicani.
Chi sputa sul tricolore — anche solo simbolicamente — non può pretendere il rispetto dei cittadini. E soprattutto non può pretendere di governarli.