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Trump First: quando il presidente mette sé stesso davanti all’America

- USA

Una presidenza fuori schema: tra interessi privati, marchio personale e politica trasformata in leva di business, il caso Trump riaccende il dibattito su etica pubblica e fiducia nelle istituzioni.

Trump First: quando il presidente mette sé stesso davanti all’America

📋 Riassunto dell'articolo

L’articolo sostiene che la presidenza di Donald Trump abbia rotto la prassi dei blind trust, intrecciando affari privati e funzione pubblica. Dall’uso del brand agli asset alberghieri fino alla promozione di una criptovaluta, emerge un modello “Trump First” che, secondo l’autore, erode fiducia democratica e senso del servizio pubblico, chiedendo alla destra americana un cambio di rotta.

La presidenza di Donald Trump è un unicum nella storia degli Stati Uniti. Se molti suoi predecessori avevano incarnato lo slogan non scritto del “public service first”, ovvero l’idea che l’onore di guidare la nazione implicasse sacrifici personali e il totale abbandono di interessi privati, Trump ha scelto un’altra strada: più che “America First”, la sua politica è “Trump First”.

I precedenti storici: i presidenti e i blind trust

Negli Stati Uniti è consuetudine che chi entra alla Casa Bianca si spogli di ogni potenziale conflitto di interesse. Franklin D. Roosevelt, Dwight Eisenhower, fino a George W. Bush e Barack Obama, hanno sempre rispettato una regola non scritta ma fondamentale: lasciare che patrimoni, aziende e investimenti fossero amministrati da un blind trust. In questo modo, il presidente non avrebbe né voce né interesse diretto nelle decisioni economiche che, inevitabilmente, potevano influenzare i mercati e quindi il suo stesso portafoglio.

L’idea di fondo era chiara: la guida del Paese deve essere libera da sospetti, e l’interesse collettivo deve venire prima di quello personale.
Trump, al contrario, non solo non ha rinunciato al suo impero economico, ma ha utilizzato la presidenza come leva di business.

La presidenza come business

Mentre prometteva agli americani di “bonificare la palude” di Washington, Trump ha trasformato la politica in un’estensione del suo marchio. Alberghi, resort e campi da golf che portano il suo nome hanno visto crescere la loro attrattiva proprio perché appartenenti al “presidente”. Delegazioni straniere e gruppi di pressione hanno scelto strutture Trump non solo per lusso e comfort, ma perché consapevoli che spendere denaro lì significava guadagnarsi l’attenzione del leader americano.
La crescita della sua ricchezza personale durante la permanenza alla Casa Bianca ha battuto record. A differenza dei predecessori, Trump non si è ritirato temporaneamente dal mondo degli affari: lo ha intrecciato alla funzione pubblica.

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Il capitolo criptovalute

Emblematica è anche la vicenda della criptovaluta legata al suo nome, lanciata come nuova frontiera del business trumpiano. Che un presidente in carica o appena uscito dall’incarico utilizzi la sua popolarità politica per sponsorizzare un prodotto finanziario così volatile e speculativo appare inedito e rischioso: segno evidente che il confine tra funzione pubblica e arricchimento privato è stato scientemente abbattuto.

Il rischio per la democrazia americana

Questo atteggiamento non è soltanto una questione di etica. È un problema politico profondo. Un presidente che governa pensando al proprio tornaconto mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni, rafforza il cinismo e riduce la politica a mero strumento di marketing. Non si tratta di destra o sinistra: si tratta della sopravvivenza stessa del concetto di servizio pubblico.

Serve coraggio

Il futuro della destra americana, e con essa dei conservatori che credono davvero nei valori tradizionali, non può dipendere dal capriccio di un uomo che si comporta più da bullo che da statista. Servono patrioti che non abbiano paura di alzare la voce, di dire basta a questo uso privatistico del potere.
Per il bene degli Stati Uniti, per il futuro dei conservatori e della stessa democrazia americana, è il momento di avere il coraggio di non tacere più.

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