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Referendum cittadinanza: bocciatura netta anche tra i pochi votanti

10 Giu 2025 - Italia

Affluenza sotto il quorum e “no” larghi in molte aree. Il quesito sulla cittadinanza si rivela il meno convincente: fallisce l’operazione ideologica della sinistra.

Referendum cittadinanza: bocciatura netta anche tra i pochi votanti

Un flop nel flop: la bocciatura implicita del referendum sulla cittadinanza

Il referendum abrogativo sulla cittadinanza agli stranieri non ha solo mancato il quorum, come tutti gli altri quattro quesiti in votazione l’8 e 9 giugno. È stato, in realtà, quello che ha registrato il peggior risultato politico tra i cinque. Il quesito chiedeva di ridurre da dieci a cinque anni il periodo necessario perché uno straniero potesse ottenere la cittadinanza italiana. Un obiettivo bandiera di una certa area politica progressista, convinta che l’“integrazione” si possa concedere per decreto.

E invece, con tutte le sezioni scrutinate, i “sì” si fermano al 65,49%. Una percentuale che può sembrare alta, ma che in confronto ai risultati degli altri referendum – dove il consenso per l’abrogazione delle norme sul lavoro ha oscillato tra l’87% e l’89% – rivela una distanza abissale. Venti punti percentuali in meno, per un quesito che, secondo la sinistra, doveva essere il più “popolare”.

Un’Italia divisa, ma non come vorrebbero far credere

Analizzando la geografia del voto, emergono ulteriori elementi significativi: nelle grandi città come Milano, Torino e Napoli i “sì” superano il 70%, ma in molte zone dell’Italia reale – come le valli dell’Alto Adige, ma anche varie province del Nord Est e del Centro – a prevalere nettamente sono stati i “no”. Questo dato smentisce l’idea di un Paese univocamente orientato verso la concessione facilitata della cittadinanza: in molte comunità, soprattutto quelle meno influenzate dal pensiero dominante dei grandi centri urbani, la sensibilità popolare è ben diversa.

Una narrazione smascherata

Il quesito sulla cittadinanza era il più chiaro tra quelli proposti, e proprio per questo era stato indicato come il più “mobilitante”. Si pensava che potesse catalizzare consensi, avvicinando magari il quorum e lanciando un segnale forte in favore dell’“inclusività”. È successo esattamente il contrario. L’elettorato – anche quello che ha deciso di recarsi alle urne – ha dimostrato una volontà opposta: difendere la cittadinanza come elemento identitario e non come una concessione burocratica da distribuire a cuor leggero.

Il voto come risposta all’ideologia

Il risultato è un messaggio inequivocabile alla sinistra: neppure una parte significativa del proprio elettorato ha seguito l’indicazione politica di votare “sì” su un tema così ideologico. Neanche chi si è recato alle urne si è lasciato sedurre da una narrazione che vorrebbe il nostro Paese aperto a una cittadinanza facile e slegata dal senso di appartenenza.

In fondo, il messaggio è chiaro: l’Italia non è una terra di nessuno, la cittadinanza non è un gadget politico da offrire per costruire consenso elettorale o ideologico. Anche nel silenzio assordante dell’astensione, gli italiani hanno parlato. E il messaggio è stato un secco “no”.

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