Washington, odio antiebraico: due diplomatici israeliani assassinati
22 Mag 2025 - USA
Davanti al Museo Ebraico della capitale americana, un estremista ha aperto il fuoco contro giovani funzionari dell’ambasciata israeliana. Gridava “Free Palestine” mentre uccideva. L’FBI: “Atto di terrorismo antisemita”. Trump: “Serve tolleranza zero contro chi semina odio ideologico”.

Odio e sangue a Washington: due giovani israeliani assassinati davanti a un museo ebraico
Nel cuore della capitale degli Stati Uniti, a pochi isolati dalla Casa Bianca, è andato in scena un atto di barbarie che dovrebbe scuotere le coscienze di tutto il mondo occidentale. Due giovani diplomatici – una donna americana e un uomo israeliano – sono stati freddati a colpi d’arma da fuoco da un estremista armato, proprio davanti al Museo Ebraico. Un attacco vile e mirato, che l’FBI ha subito etichettato come “terrorismo antisemita”.
L’orrore dopo un evento per la comunità ebraica
La sparatoria è avvenuta mercoledì 21 maggio, alla fine di una serata organizzata dall’American Jewish Committee. I due giovani assassinati lavoravano presso l’ambasciata israeliana e avevano partecipato all’evento insieme ad altri diplomatici. Secondo quanto emerso, l’uomo stava per chiedere la mano della sua compagna in Israele la settimana successiva. La loro vita è stata spezzata da un odio cieco e ideologico.
“Free Palestine”, urla l’attentatore: la propaganda ha armato la sua mano
Il killer, Elias Rodriguez, 30 anni, afroamericano, con precedenti e origini a Chicago, è stato arrestato immediatamente. Durante l’aggressione e nei minuti successivi, ha gridato “Free, free Palestine”, lasciando pochi dubbi sul movente ideologico. È il risultato diretto di anni di complicità culturale e politica con certe retoriche antisioniste travestite da lotta per i diritti. Quando si tollera l’odio, l’odio colpisce.
La risposta delle autorità: atto terroristico antisemita
Il capo della polizia metropolitana di Washington e l’FBI hanno immediatamente parlato di terrorismo interno con matrice antisemita. Nessuna reticenza, nessuna scusa: si è trattato di un attentato deliberato contro cittadini israeliani in quanto tali. Un attacco non solo a delle persone, ma all’alleanza tra Stati Uniti e Israele, all’identità ebraica e ai valori occidentali.
Trump: “Attacco antisemita. Serve fermezza contro l’estremismo”
Il presidente Donald Trump ha definito l’attacco “un chiaro caso di terrorismo antisemita” e ha chiesto un’azione durissima contro chi fomenta l’odio e la violenza. Ha poi ricordato come gli Stati Uniti debbano “stare saldamente al fianco di Israele”, senza ambiguità. Ferme condanne anche dal Segretario alla Sicurezza Interna Kristi Noem e dal ministro della Giustizia Pam Bondi.
Israele risponde: “Vigliacco attacco contro i nostri figli”
Dall’altra parte dell’Atlantico, l’indignazione è fortissima. L’ambasciatore Yechiel Leiter ha parlato di “una tragedia per l’intero popolo ebraico”, mentre il premier Netanyahu ha ordinato l’innalzamento dell’allerta in tutte le rappresentanze diplomatiche. L’ambasciatore israeliano all’ONU, Danny Danon, ha definito l’episodio “una manifestazione di odio che affonda le radici in una cultura del terrorismo incoraggiata anche da certi ambienti occidentali”.
L’ipocrisia di chi minimizza l’odio antiebraico
Il fatto che un museo ebraico sia divenuto teatro di un’esecuzione brutale deve interrogare chi per anni ha alimentato narrazioni vittimistiche a senso unico. Chi ha sdoganato lo slogan “From the river to the sea” nelle università, nei cortei, perfino nei media mainstream, ora non può dirsi innocente. Le parole hanno conseguenze. Quando si tollera l’odio anti-israeliano, si finisce per legittimare l’antisemitismo più feroce.
Basta indulgenza verso l’odio mascherato da attivismo
Quanto accaduto a Washington non è solo cronaca nera: è un campanello d’allarme per tutto l’Occidente. L’odio contro Israele non nasce dal nulla: viene coltivato, legittimato, perfino giustificato da una parte del dibattito pubblico che non trova mai parole così dure quando a morire sono cittadini israeliani. Occorre un cambio di rotta: zero tolleranza per chi fomenta l’odio, sia esso religioso, ideologico o “militante”. È in gioco la civiltà.