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Zelensky rompe con Ottawa: via libera alle mine antiuomo

30 Giu 2025 - Europa

L’Ucraina si ritira dal trattato internazionale che vieta le mine antiuomo. Una scelta militare drastica in risposta all’uso massiccio da parte della Russia, ma che aggrava la crisi umanitaria sul territorio più minato del mondo.

Zelensky rompe con Ottawa: via libera alle mine antiuomo

La firma di Zelensky: l’Ucraina esce dalla Convenzione di Ottawa

Il 29 giugno 2025, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato il decreto n. 441/2025 con cui avvia ufficialmente la procedura di ritiro dell’Ucraina dalla Convenzione di Ottawa, il trattato internazionale che vieta l’uso, la produzione, lo stoccaggio e il trasferimento delle mine antiuomo. Si tratta di un atto politico-militare che riflette un cambiamento strategico profondo nel modo in cui Kiev intende condurre la guerra difensiva contro Mosca.

La decisione, maturata dopo una risoluzione del Consiglio di Sicurezza e Difesa nazionale, sarà ora sottoposta alla Verkhovna Rada (il Parlamento ucraino) per l’approvazione definitiva, con successiva notifica formale alle Nazioni Unite. In termini pratici, ciò permetterà all’Ucraina di tornare a impiegare mine antiuomo per rallentare l’avanzata russa su alcuni fronti critici.

Una decisione militare nata dalla guerra asimmetrica

Il governo ucraino ha giustificato la scelta come un atto di legittima autodifesa. “Non possiamo rispettare unilateralmente un trattato mentre il nostro nemico lo ignora e continua a disseminare mine senza alcuna limitazione”, ha affermato il deputato Roman Kostenko, ex ufficiale delle forze speciali e segretario della commissione parlamentare per la sicurezza nazionale.

La Russia, infatti, non ha mai aderito alla Convenzione di Ottawa e, secondo i rapporti di intelligence ucraini e delle ONG internazionali, ha impiegato mine antiuomo su scala massiccia, spesso anche in aree ad alta densità civile.

L’Ucraina è già il territorio più minato al mondo

Paradossalmente, l’Ucraina si trova a prendere questa decisione proprio mentre il Paese è già il più contaminato da mine al mondo. Secondo le Nazioni Unite, circa 174.000 km² di territorio ucraino risultano a rischio: un’area superiore a quella combinata di Inghilterra e Belgio. Le mine sono ovunque: nei campi agricoli, nelle foreste, lungo le strade, nei pressi di abitazioni civili e strutture pubbliche.

Le vittime civili si contano ogni giorno, inclusi molti bambini. Le aree liberate dai russi, come Kherson e parte del Donbass, sono spesso impraticabili. Ospedali, scuole e impianti industriali sono circondati da ordigni nascosti, anche improvvisati.

Impatto strategico: ritardare l’avanzata russa

Dal punto di vista militare, la disponibilità a impiegare nuovamente le mine antiuomo rappresenta per Kiev una forma di guerra difensiva di saturazione. Le mine possono rallentare le colonne corazzate russe, ostacolare la logistica nemica e proteggere infrastrutture sensibili come centrali elettriche o nodi ferroviari. In particolare, l’utilizzo controllato di mine telecomandate o autoneutralizzanti è ritenuto dalle forze armate ucraine una necessità operativa.

Molti analisti militari vedono questa scelta come una risposta al crescente divario tra le forze ucraine e l’apparato bellico russo, supportato da una produzione di massa e da risorse crescenti. Con l’Ucraina a corto di uomini e mezzi, la mina ritorna a essere un’arma di “compensazione strategica”.

Conseguenze umanitarie e danni alla ricostruzione

Tuttavia, il ritorno all’uso delle mine non è privo di rischi a lungo termine. In Afghanistan, in Bosnia e in Siria, le mine hanno continuato a uccidere anche decenni dopo la fine delle ostilità. In Ucraina, già oggi lo sminamento è una sfida epocale: il governo ha stimato in oltre 30 miliardi di dollari i costi e almeno dieci anni di lavoro per bonificare le aree contaminate.

Questo scenario mette in discussione la possibilità stessa di una rapida ricostruzione. Intere regioni agricole sono inaccessibili, con gravi ripercussioni sulla sicurezza alimentare. Le mine minacciano anche il ritorno degli sfollati e il ripristino dei servizi essenziali.

La dimensione geopolitica: Kiev non è sola

Il ritiro ucraino dalla Convenzione si inserisce in un contesto regionale in evoluzione. Paesi confinanti come Polonia, Finlandia, Estonia, Lettonia e Lituania hanno già avviato iter parlamentari per uscire dal trattato o sospenderne temporaneamente l’applicazione, invocando l’eccezione per la difesa nazionale in caso di conflitto attivo.

La mossa di Zelensky è stata probabilmente coordinata anche con partner della NATO che, pur non potendo fornire mine direttamente, hanno espresso comprensione per la nuova dottrina difensiva ucraina. La guerra sul suolo europeo ha reso obsoleti alcuni dogmi umanitari degli anni Novanta, aprendo una nuova fase di “realismo strategico”.

La guerra non finisce con il rumore delle bombe

La decisione dell’Ucraina di uscire dalla Convenzione di Ottawa segna un cambio di paradigma. In un conflitto dove il diritto internazionale è stato più volte calpestato, Kiev sceglie la sopravvivenza strategica, anche a costo di pagare un prezzo elevato in termini umanitari. Il terreno ucraino è ormai un campo minato, in tutti i sensi. E in questo campo, la guerra continuerà a fare vittime anche quando i fucili taceranno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Articolo scritto da:
Bruno Bindel

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