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Zelensky evoca minacce all’Italia: un allarme che sa di propaganda

- Europa

Il 27 settembre Zelensky agita lo spettro di un attacco russo all’Italia. Ma la sua retorica sa di propaganda: così non appare diverso da Mosca.

Zelensky evoca minacce all’Italia: un allarme che sa di propaganda

📋 Riassunto dell'articolo

l 27 settembre Zelensky ha evocato l’Italia come prossimo obiettivo dopo l’incursione di 92 droni verso la Polonia. Una narrativa che sa di propaganda: Kiev alimenta la guerra come Mosca, anziché cercare la pace.

I droni e la minaccia annunciata

Nelle ultime notti l’Ucraina ha denunciato l’incursione di 92 droni russi diretti verso la Polonia: 73 sarebbero stati abbattuti nello spazio aereo ucraino, mentre 19 avrebbero superato la frontiera, violando lo spazio aereo polacco. Da questo episodio il presidente Volodymyr Zelensky ha colto l’occasione per lanciare il suo ennesimo avvertimento: “L’Italia potrebbe essere la prossima”.
La dichiarazione, più che informare, sembra avere un obiettivo politico: agitare le cancellerie europee, mantenere alta la tensione e imporre il conflitto ucraino come questione vitale per tutto il continente. Una strategia logora, che ormai assomiglia più alla propaganda che a un’analisi lucida.

Zelensky e la logica della guerra permanente

Da tempo Zelensky non perde occasione per evocare scenari catastrofici. Ogni incursione aerea diventa il preludio di una guerra mondiale, ogni segnale di Mosca la prova che l’Europa è sotto attacco imminente. Ma il suo linguaggio bellico, ripetitivo e incendiario, lo avvicina più al Cremlino di quanto voglia ammettere: come i russi, anche lui sembra voler trascinare tutti in una guerra senza fine, nonostante sul campo l’Ucraina stia perdendo terreno.
La differenza fra chi attacca e chi si difende diventa così sfumata, perché entrambi alimentano un clima da conflitto globale. Zelensky non appare più come il leader di un Paese assediato, ma come un capo che preferisce la trincea alla diplomazia, pur di non ammettere il fallimento della sua strategia.

Tajani e la voce del realismo italiano

A raffreddare gli animi è arrivato il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che con pragmatismo ha ricordato come non vi siano prove che l’Italia sia nel mirino di Mosca. Ha sottolineato la capacità della difesa aerea nazionale di neutralizzare eventuali minacce e il ruolo della NATO come scudo collettivo.
Non solo: Tajani ha riportato la memoria agli anni ’70, quando i MIG sovietici sconfinavano nei cieli dell’Alleanza. Anche allora erano provocazioni, ma non si scivolò mai nella guerra aperta. È questa la differenza tra leadership responsabile e retorica incendiaria: chi governa deve saper distinguere tra allarme e propaganda.

Europa tra prudenza e panico

Il commissario Ue Valdis Dombrovskis ha parlato apertamente di “guerra ibrida” con la Russia, che userebbe droni, disinformazione e perfino i flussi migratori come strumenti d’attacco. Una definizione corretta, che però Zelensky utilizza come trampolino per rilanciare la sua narrativa apocalittica.
Così, mentre Bruxelles discute di un “drone wall” e Varsavia invoca l’articolo 4 della NATO, Kiev spinge l’Europa a credere che la guerra sia ormai dentro le mura di casa. Ma la domanda vera è un’altra: fino a che punto l’Europa deve lasciarsi trascinare da un leader che sembra avere come unica bussola l’escalation militare?

Mosca nega, ma la tensione resta

Dal fronte opposto, Sergei Lavrov ha ribadito all’ONU che la Russia non ha intenzioni aggressive contro l’Europa, pur avvertendo che ogni attacco contro Mosca riceverà una risposta dura. Le parole del capo della diplomazia russa, seppur intrise di minacce, hanno avuto il tono di una smentita ufficiale.
Eppure la partita è chiara: entrambi i protagonisti, Russia e Ucraina, non cercano spiragli di pace. Kiev grida all’invasione imminente, Mosca nega ma al tempo stesso minaccia. Due facce della stessa medaglia, due leadership che, per ragioni diverse, preferiscono che la guerra continui.

L’Europa deve smarcarsi

La vera trappola per l’Europa non è solo l’aggressione russa, ma la retorica tossica che da Kiev alimenta una spirale senza fine. Zelensky, evocando l’Italia come possibile obiettivo, non protegge il nostro Paese: lo usa come strumento di pressione politica.
Se l’Europa vuole difendere i propri interessi e la propria stabilità, deve imparare a distinguere tra minacce reali e allarmi strumentali. Non farsi trascinare in una guerra permanente è la vera sfida, e questo richiede lucidità e indipendenza strategica. Altrimenti il rischio è di restare ostaggi non solo delle provocazioni del Cremlino, ma anche della propaganda di Kiev.

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