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Wilders rompe con la coalizione e fa saltare il governo olandese

13 Giu 2025 - Europa

Geert Wilders ritira i suoi ministri e costringe alle dimissioni il premier Schoof: la coalizione crolla sotto il peso dei compromessi sul tema migratorio. Si torna al voto in ottobre.

Wilders rompe con la coalizione e fa saltare il governo olandese

Una linea dura sull’immigrazione promessa e tradita

La coalizione di centrodestra che avrebbe dovuto riportare ordine e fermezza in Olanda è implosa sotto il peso delle ambiguità e dei compromessi. Geert Wilders, leader del Partito per la Libertà (Pvv), ha annunciato il ritiro dei suoi ministri dall’esecutivo guidato da Dick Schoof, costringendo il premier a dimettersi dopo appena undici mesi di governo.
Motivo della rottura? La solita ipocrisia sul tema dell’immigrazione: mentre Wilders chiedeva misure chiare, severe e immediate, gli alleati preferivano tergiversare, cedere alla pressione delle élite internazionali e mantenere lo status quo.

Il piano in dieci punti per salvare l’Olanda

Wilders aveva posto sul tavolo un piano articolato per contrastare quella che ormai è diventata un’invasione organizzata: chiusura totale dei confini ai richiedenti asilo, impiego dell’esercito per il controllo delle frontiere, rimpatrio dei rifugiati siriani (vista la mutata situazione geopolitica), blocco dei ricongiungimenti familiari e dismissione dei centri di accoglienza che hanno trasformato intere città olandesi in zone franche.
Un programma coraggioso, chiaro, e fedele al mandato elettorale. Eppure, i partner di governo – VVD, NSC e BBB – hanno rifiutato di sottoscrivere il documento, dimostrando una volta di più la distanza tra i proclami da campagna elettorale e la volontà politica di agire.

Ipocrisia delle élite e reazioni isteriche

La reazione degli ex alleati è stata, come da copione, indignata e teatrale. Dilan Yesilgöz, del VVD, ha invocato la guerra in Ucraina per giustificare l’inerzia interna, come se l’instabilità geopolitica fosse un alibi per tollerare l’immigrazione fuori controllo. Nicolien van Vroonhoven (NSC) ha parlato di irresponsabilità, mentre Caroline van der Plas (BBB) ha definito il gesto di Wilders “da kamikaze”.
Ma la verità è una sola: è irresponsabile promettere sicurezza e poi non avere il coraggio di agire. È da codardi fare i duri in campagna elettorale e poi piegarsi alla dittatura del politicamente corretto.

Verso nuove elezioni: parola ai cittadini

Il premier Schoof ha annunciato che resterà in carica solo per gli affari correnti. Le elezioni anticipate si terranno il 29 ottobre, e il popolo olandese avrà finalmente l’occasione di dire chiaramente se vuole una politica migratoria seria o la solita melassa compromissoria.
Con una campagna elettorale che si preannuncia accesa, Wilders potrà finalmente correre senza vincoli, dopo essersi sacrificato per la tenuta della coalizione accettando di non guidare il governo pur avendo vinto le elezioni. Un atto di responsabilità che oggi si rivela inutile: l’establishment ha sabotato ogni tentativo di cambiamento reale.

Un elettorato sempre più esasperato e pronto al cambiamento

La frattura interna al governo riflette perfettamente la crescente frattura nella società olandese. Negli ultimi anni, l’elettorato dei Paesi Bassi ha espresso in modo sempre più netto la propria insofferenza verso l’immigrazione incontrollata, la perdita di sicurezza nei quartieri, la pressione sui servizi pubblici e il senso di estraneità nella propria terra. La vittoria del Pvv nel novembre 2023 era stata interpretata come un segnale chiaro: basta compromessi, serve un’inversione di rotta.

Eppure, ancora una volta, le logiche di palazzo hanno tradito il mandato popolare. I sondaggi più recenti mostrano come una quota sempre più ampia della popolazione, anche tra chi votava partiti moderati come il VVD, stia spostando il proprio consenso verso chi ha il coraggio di proporre soluzioni drastiche e immediate. La fermezza di Wilders nel difendere il piano in dieci punti è stata accolta con favore da quella parte di elettorato che si sente non solo ignorata, ma addirittura criminalizzata ogni volta che solleva dubbi sulla sostenibilità dell’accoglienza indiscriminata.

Se le elezioni di ottobre si trasformassero in un referendum sulla questione migratoria, i partiti tradizionali potrebbero subire una dura lezione. L’Olanda, come l’Italia, la Francia e la Germania, sembra sempre più orientata verso una destra che non si vergogna di difendere la propria identità. E la crisi attuale potrebbe essere solo l’inizio di una lunga stagione di cambiamento politico.

Una crisi che è anche una sveglia per l’Europa

Quello che accade nei Paesi Bassi non è un caso isolato. In tutta Europa, i partiti conservatori si trovano a dover combattere non solo contro la sinistra globalista, ma contro la debolezza strutturale di una destra liberalizzata, incapace di rompere con l’establishment.
La rottura di Wilders è un messaggio: o si cambia davvero, o si è complici del declino. E davanti a un’Europa indebolita da un’immigrazione incontrollata e da ideologie distruttive, non c’è più spazio per compromessi. È tempo di scegliere.

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Redazione - Il Politico

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