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Trump scuote il G7 in Canada e impone la linea della leadership americana

17 Giu 2025 - Mondo

Il presidente statunitense rivendica il primato USA, critica l’esclusione della Russia e rilancia l’allarme su Teheran. La sua partenza anticipata segna il summit e lo riporta al centro della scena internazionale

Trump scuote il G7 in Canada e impone la linea della leadership americana

Trump rianima un G7 stanco e spento

Nel panorama ingessato del vertice G7 in Canada, tra formule stantie e comunicati scritti a Bruxelles, l’unica voce fuori dal coro – e realmente influente – è stata quella del presidente Donald J. Trump. Tornato alla Casa Bianca da leader del mondo libero, ha rimesso al centro del dibattito le vere priorità globali: commercio equo, sovranità nazionale e deterrenza militare contro chi minaccia l’Occidente.

La cornice idilliaca di Kananaskis ha ospitato un summit fiacco che, senza la presenza di Trump, si sarebbe trasformato in una passerella di vuote promesse europee. Con fermezza e chiarezza, il presidente americano ha dettato la linea su tre fronti cruciali: politica commerciale, crisi mediorientale e rapporti con la Russia.

Dialogo con Carney e scacco al globalismo commerciale

Nel faccia a faccia con il premier canadese Mark Carney, Trump ha mostrato il volto della diplomazia pragmatica: mano tesa ma fermezza nei valori. Nessuna sudditanza al multilateralismo. I due hanno discusso di dazi e accordi commerciali per oltre un’ora. Trump ha posto un obiettivo chiaro: accordo USA–Canada entro 30 giorni, basato su reciprocità e tutela del lavoro nazionale.

Il presidente non ha nascosto le divergenze, ma ha ribadito il rispetto per il Canada, sottolineando che “senza gli Stati Uniti, il G7 non ha senso”. Una frase che può sembrare arrogante ai politicamente corretti di Bruxelles, ma che è solo una fotografia realistica dei rapporti di forza globali.

Russia fuori dal G7? “Errore strategico”

Uno dei momenti più discussi è stato il passaggio in cui Trump ha messo in discussione l’esclusione della Russia dal consesso delle grandi potenze. Secondo il presidente americano, isolare Mosca è stato “un errore che ha spinto Putin tra le braccia della Cina”. Un’affermazione che, al di là delle polemiche, apre un varco nel muro dell’ipocrisia euro-atlantica.

Trump non ha detto che Putin è un santo. Ha detto che serve realismo geopolitico. Escludere una potenza nucleare, peraltro determinante nello scacchiere mediorientale, non rafforza la pace: alimenta solo tensioni.

Teheran nel mirino: “Fermateli prima che sia troppo tardi”

Il culmine del summit è però arrivato con l’escalation tra Iran e Israele. Mentre gli altri leader discutevano di “transizione verde” e “inclusività climatica”, Trump ha preso atto della realtà: il rischio di una guerra globale è concreto. Il presidente ha invitato gli abitanti di Teheran a evacuare e ha lanciato un messaggio forte: il programma nucleare iraniano va fermato ora.

Parole che hanno suscitato scalpore, ma che dimostrano che oggi alla Casa Bianca siede un comandante in capo, non un burocrate.

Partenza anticipata: decisione da leader, non da politicante

Trump ha lasciato il summit con una scelta che solo i veri statisti possono permettersi: rientrare a Washington per gestire direttamente la crisi. Un gesto interpretato da alcuni come rottura diplomatica, ma che in realtà riafferma la centralità dell’America nella gestione delle crisi globali.

Il vertice si è così chiuso con un messaggio inequivocabile: senza gli Stati Uniti e senza Trump, nessuna decisione ha peso reale.

Risultati concreti: accordo con il Regno Unito

Prima di partire, Trump ha siglato con il premier britannico Keir Starmer un accordo commerciale bilaterale che getta le basi per una “rivoluzione industriale USA–UK”. Mentre l’Unione Europea affonda tra regole e burocrazia, Londra e Washington costruiscono nuove alleanze sovrane.

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Articolo scritto da:
Carolina Volta

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