Trump blocca Netanyahu, Pezeshkian apre al dialogo
25 Giu 2025 - Medio Oriente
Dopo un attacco israeliano nel cuore di Teheran, Donald Trump chiama Netanyahu e impone lo stop: “Nessuno si farà male”. Il presidente iraniano Pezeshkian risponde: “Pronti al dialogo, ma l’aggressione viola la nostra sovranità”. Una tregua fragile, ma ancora viva.

Trump ferma tutto: “Gli aerei torneranno a casa”
Una telefonata notturna ha probabilmente evitato la riaccensione totale del conflitto. Il presidente statunitense Donald Trump, poche ore prima di partire per il vertice NATO all’Aja, ha contattato direttamente Benjamin Netanyahu per bloccare l’offensiva israeliana contro l’Iran.
“Israele non attaccherà l’Iran”, ha sentenziato Trump, visibilmente irritato dalle ultime azioni. “Nessuno si farà male, il cessate il fuoco è attivo!”, ha aggiunto in un tono tanto ironico quanto perentorio, affermando che tutti gli aerei israeliani “faranno retromarcia e torneranno a casa, rivolgendo un amichevole ‘plane wave’ all’Iran”.
La telefonata è stata descritta dalla CNN come “particolarmente risoluta e diretta”, mentre fonti della Casa Bianca parlano di una vera esplosione verbale da parte del presidente, frustrato dal mancato rispetto degli impegni assunti poche ore prima.
L’attacco e la versione israeliana
Secondo l’ufficio del primo ministro, il cessate il fuoco era previsto per le 7:00 del 24 giugno. Tuttavia, tra le 3:00 e le 7:00, Israele ha colpito obiettivi chiave a Teheran, eliminando centinaia di membri dei Basij e forze di sicurezza.
Tel Aviv accusa Teheran di aver violato per prima la tregua, lanciando una raffica di missili, con colpi documentati anche alle 7:06 e alle 10:25, in direzione del territorio israeliano. In risposta, l’aviazione ha distrutto un radar nei pressi di Teheran.
Dopo la telefonata con Trump, Israele si è astenuto da ulteriori attacchi, pur rivendicando il “raggiungimento degli obiettivi militari prefissati”.
La risposta dell’Iran: Pezeshkian rompe il silenzio
Il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, ha rotto il silenzio confermando che l’Iran non violerà il cessate il fuoco, a meno che Israele non lo faccia per primo. In una conversazione con il premier malese Anwar Ibrahim, ha però accusato apertamente gli Stati Uniti:
“Gli Stati Uniti hanno partecipato all’aggressione insieme all’entità israeliana quando questa non ha raggiunto i suoi obiettivi”.
Pezeshkian ha poi ribadito la volontà dell’Iran di tornare al dialogo:
“Siamo pronti a difendere i diritti del popolo iraniano al tavolo negoziale”.
Ha però anche ricordato che gli attacchi americani contro impianti nucleari iraniani rappresentano “una violazione della nostra sovranità e delle risoluzioni internazionali”.
Geopolitica della tregua: equilibrio instabile
Siamo di fronte a una tregua imposta, più che negoziata, fondata sulla pressione americana. Trump ha recuperato il ruolo di arbitro unico nel dossier iraniano, riportando Washington al centro della scena mediorientale.
Ma la posizione iraniana resta diffidente, e il coinvolgimento diretto degli USA in alcuni attacchi, seppur mirati e limitati, ha alzato il livello di tensione diplomatica. In gioco non c’è solo la fine del conflitto, ma la ridefinizione degli equilibri tra potenze regionali e mondiali.
Tregua o pausa prima della tempesta?
La situazione è sospesa su un filo sottile. La telefonata di Trump ha congelato un’escalation imminente. Pezeshkian apre cautamente al dialogo, ma denuncia le violazioni della sovranità. Israele si dichiara soddisfatto dei risultati, ma resta pronto a colpire.
La tregua tiene, per ora. Ma la pace, quella vera, richiederà molto più di una telefonata notturna.