Trump agita di nuovo i dazi: minacce all’UE e ultimatum alla Cina entro il 1° febbraio
22 Gen 2025 - Mondo
Il vento dei dazi torna a soffiare sull’economia globale. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha rilanciato l’idea di pesanti tariffe contro l’Unione Europea e imposto un ultimatum al 1° febbraio per colpire Cina, Canada e Messico.

Fino all’ultimo, i mercati si aspettavano un’entrata a gamba tesa di Trump, con tariffe dall’oggi al domani. Invece, il presidente ha annunciato un breve periodo di confronto – o forse di “grazia” – prima di calare il martello dei dazi. I suoi bersagli restano però ben chiari:
- Cina, accusata di non aver fermato il flusso di fentanyl e precursori chimici, che – secondo Washington – arriverebbero negli Stati Uniti passando per il Messico e il Canada. Per Pechino, si profila un dazio del 10%.
- Messico e Canada, nel mirino per un possibile 25% se non chiuderanno i rubinetti del traffico di droga e dell’immigrazione illegale verso gli Stati Uniti.
- Unione Europea, da tempo considerata “sleale” a causa dei surplus commerciali con gli USA. Trump non ha ancora fissato numeri, ma ha promesso di puntare dritto contro Bruxelles.
«L’Unione Europea è molto, molto cattiva con noi», ha ribadito Trump. «Se vogliamo giustizia, i dazi sono l’unico strumento efficace».
Il promemoria commerciale e la data del 1° febbraio
A dare concretezza alle nuove tensioni è il memorandum commerciale firmato da Trump il 21 gennaio, il giorno del suo insediamento. In questo documento, il presidente chiede alle agenzie federali di:
- Valutare, entro il 1° aprile, gli squilibri commerciali con i principali partner, le pratiche sleali, le eventuali manipolazioni valutarie e ogni altro fattore che, secondo l’amministrazione, penalizzerebbe l’economia statunitense.
- Proporre soluzioni, come una “tariffa supplementare globale” e la revisione della soglia di 800 dollari per le spedizioni di basso valore, sospettate di favorire l’ingresso illegale di precursori chimici.
- Fornire dati dettagliati sui deficit commerciali, in particolare con la Cina, e valutare possibili rimedi.
Parallelamente, Trump ha fissato al 1° febbraio una sorta di “linea rossa”: se Canada, Messico e Cina non adotteranno misure concrete per frenare il traffico di fentanyl e l’immigrazione illegale, scatteranno i nuovi dazi.
«Questa droga uccide 300 americani al giorno», ha ricordato Peter Navarro, consigliere commerciale della Casa Bianca. «Ecco perché stiamo pensando a un 25-25-10 (percento) su Canada, Messico e Cina».
Sospiri (misti) di sollievo dai mercati
In un clima così teso, la mancanza di dazi immediati ha regalato un inatteso sospiro di sollievo ai mercati, spingendo l’indice S&P 500 ai massimi dell’ultimo mese. Ma questa euforia potrebbe durare poco se le minacce si concretizzassero.
William Reinsch, esperto di commercio del Center for Strategic and International Studies, sostiene che Trump «stia cercando di procedere più lentamente e di assicurarsi una base legale il più solida possibile», puntando a «usare tutta la leva negoziale a sua disposizione».
Reazioni: cautela e toni concilianti
Dal canto loro, Messico e Canada mantengono toni volutamente distesi. La presidente messicana Claudia Sheinbaum ha assicurato che risponderà «passo dopo passo» alle richieste di Washington, ribadendo però che «la sovranità e l’indipendenza del Messico non sono in discussione».
Ha anche escluso una rinegoziazione dell’accordo di libero scambio (USMCA) prima del 2026, smentendo così chi temeva uno stravolgimento imminente del patto.
Quanto all’Unione Europea, per ora è silenzio ufficiale. Ma in passato Bruxelles ha già avvertito che reagirà «in modo proporzionato e deciso» qualora gli Stati Uniti alzassero barriere contro i prodotti europei.
L’incognita più temuta: le ritorsioni
Uno dei principali timori riguarda la possibile spirale di ritorsioni. I settori più vulnerabili, come l’agricoltura statunitense, osservano la situazione con preoccupazione:
«Speriamo di non perdere i nostri principali mercati di export», commenta Kenny Hartman Jr, agricoltore dell’Illinois a capo del consiglio della National Corn Growers Association. «Messico e Canada assorbono gran parte del nostro mais e dell’etanolo. Se ci chiudessero le porte, sarebbe un duro colpo».
Anche l’industria automobilistica e altri comparti manifatturieri temono conseguenze, visto che gran parte della produzione è stata delocalizzata oltre confine negli ultimi anni, approfittando del libero scambio.
Possibili scenari e prossimi passi
Mentre il 1° febbraio si avvicina, restano aperte diverse ipotesi:
- Proroga: Trump potrebbe concedere più tempo se intravede margini di trattativa con Cina, Canada e Messico.
- Imposizione effettiva dei dazi: un “no deal” porterebbe quasi certamente a barriere doganali e ritorsioni.
- Negoziati dell’ultimo minuto: non sarebbe la prima volta che Trump conclude un accordo-lampo e rivendica una vittoria politica.
Più in là, la scadenza del 1° aprile incombe come ulteriore minaccia: se verrà introdotta una “tariffa globale supplementare” e ridotta la soglia di 800 dollari, il mondo potrebbe trovarsi di fronte a un nuovo irrigidimento dei commerci internazionali.
Verso un nuovo braccio di ferro commerciale?
Il ritorno in grande stile dei dazi segna l’inizio di un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali degli Stati Uniti. Se la Casa Bianca si mostra decisa a usare le tariffe come leva di pressione, i partner storici non resteranno di certo fermi a guardare. Negoziati, minacce e possibili escalation: i prossimi mesi saranno cruciali per capire se il mondo si avvia verso una fase di ostilità commerciale o se, ancora una volta, prevarrà la logica del compromesso.
Una cosa è certa: l’amministrazione Trump è pronta a dettare le regole del gioco, e nessuno – né a Pechino né a Bruxelles, né a Ottawa né a Città del Messico – può permettersi di sottovalutare il potenziale impatto di una nuova offensiva sui dazi. Il 1° febbraio è dietro l’angolo, e con esso la possibilità di un ulteriore scossone all’economia globale.
Articolo basato sui reportage di David Lawder e Andrea Shalal per Reuters, con integrazioni e rielaborazioni a cura della redazione.