Trump accusa Sánchez di indebolire la NATO: “La Spagna non paga e pretende diritti”
27 Giu 2025 - Mondo
Il leader americano accusa Madrid di non investire nella difesa mentre Pedro Sánchez, senza una vera maggioranza e con il governo in crisi, si rifugia nell’ideologia progressista e nella burocrazia UE. Un premier più attento a sé stesso che al ruolo della Spagna nel mondo.

Trump-Sánchez: due visioni opposte, ma uno solo resta ancorato alla realtà
Lo scontro tra Donald Trump e Pedro Sánchez non è solo una disputa diplomatica sul livello di spesa militare richiesto dalla NATO. È il riflesso di un conflitto molto più profondo: da un lato, la visione sovrana e pragmatica di un presidente americano che ha riportato al centro gli interessi del suo popolo; dall’altro, l’ideologia di un premier spagnolo che, pur senza una reale maggioranza parlamentare, continua ad aggrapparsi al potere erodendo la credibilità internazionale della Spagna.
Il metodo Trump: responsabilità e deterrenza
Trump, con il suo stile diretto e non mediato dai filtri del politicamente corretto, ha chiesto agli alleati NATO di contribuire seriamente alla sicurezza collettiva. Non è una novità: da anni denuncia il parassitismo di alcuni Paesi europei che, mentre predicano solidarietà, scaricano sugli Stati Uniti il peso della difesa globale.
L’obiettivo del 5% del PIL per la difesa non è una provocazione, ma una misura che tiene conto delle nuove minacce – dal fronte ucraino alla crisi indo-pacifica – e della necessità di rafforzare la capacità deterrente dell’Occidente. Trump punta su responsabilità e potenza. E lo fa con chiarezza: chi non investe nella difesa, non può pretendere trattamenti commerciali di favore.
Sánchez: retorica europeista per mascherare l’impotenza
Pedro Sánchez, invece, ha reagito con la solita supponenza ideologica. Si è nascosto dietro la burocrazia dell’UE, affermando che i dazi non sono competenza della Spagna. Ma la realtà è un’altra: la Spagna, oggi, è uno dei Paesi meno credibili del blocco NATO. La sua spesa militare resta marginale, il suo esercito sottofinanziato, la sua diplomazia appiattita su posizioni retoriche e inconcludenti.
L’obiettivo non dichiarato di Sánchez non è rafforzare la Spagna, ma salvare se stesso. Usa lo scontro con Trump come arma di distrazione di massa per nascondere il marasma politico interno, i casi di corruzione che travolgono il suo partito e l’assenza di una vera maggioranza parlamentare.
Un leader senza popolo
La verità è che Sánchez non rappresenta più nemmeno il suo elettorato. Governa con un Parlamento ostile, sostenuto da alleati deboli e contraddittori, in costante fibrillazione. L’episodio con Trump gli ha offerto un insperato assist per rilanciarsi come “vittima” di una presunta arroganza americana. Ma è solo propaganda.
Mentre Trump parla agli interessi concreti degli americani – sicurezza, industria, lavoro – Sánchez parla al vuoto ideologico del progressismo europeo, un universo che ignora le urgenze reali in nome di narrazioni costruite nei salotti radical chic di Bruxelles.
Difesa o welfare? Un falso dilemma
Sánchez ha usato l’argomento della spesa sociale come scudo. Ha detto che aumentare la spesa militare significherebbe togliere risorse al welfare. Ma è un paradosso costruito ad arte. In realtà, il welfare spagnolo è già in crisi a causa di una gestione disastrosa dell’immigrazione, di un mercato del lavoro precario e di una fiscalità oppressiva. Il vero problema non è la difesa, ma l’incapacità strutturale del suo governo di modernizzare il Paese.
Trump, al contrario, non contrappone sicurezza e benessere. Sa che non ci può essere crescita economica senza stabilità internazionale. Ecco perché propone un’Europa forte, non solo economicamente, ma anche militarmente. Una visione concreta e responsabile.
Il conto lo pagheranno gli spagnoli
Pedro Sánchez ha scelto lo scontro con Trump per fini personali, non nazionali. Ma sarà la Spagna a pagarne il prezzo, in termini di credibilità, di rapporti bilaterali e, forse, anche di dazi. Un premier senza visione, senza mandato reale, ma con un’agenda ideologica che allontana Madrid dai grandi tavoli dove si decide il futuro del mondo.
Trump, nel bene o nel male, rappresenta la concretezza di una leadership forte. Sánchez è invece il simbolo di un’Europa che continua a raccontarsi favole progressiste mentre il mondo cambia direzione.