Terrorismo in Francia: immigrato islamista uccide un civile e ferisce cinque agenti
22 Feb 2025 - Europa
L’attentatore, un 37enne algerino schedato per radicalizzazione e con obbligo di espulsione, ha colpito con un coltello gridando "Allah Akbar". Macron ammette: "Atto di terrorismo islamista". Benedetto XVI aveva avvertito: "Non tutte le culture sono compatibili".

L’Europa è di nuovo sotto scacco per mano del terrorismo islamista. A Mulhouse, in Alsazia, un 37enne algerino, già schedato nella lista della radicalizzazione terroristica (FSPRT) e con obbligo di lasciare la Francia, ha scatenato il terrore armato di coltello, uccidendo un civile e ferendo cinque agenti di polizia, due dei quali in condizioni critiche. Secondo le testimonianze raccolte dai media francesi, l’aggressore avrebbe gridato “Allah Akbar” prima di essere bloccato dalle forze dell’ordine.
Un copione già visto troppe volte, e che si ripete con impressionante regolarità: individui già noti alle autorità, soggetti schedati come pericolosi, immigrati irregolari o con precedenti di radicalizzazione che non vengono espulsi e che invece trasformano le strade europee in campi di battaglia.
Un’aggressione prevedibile e un fallimento delle istituzioni
L’aspetto più inquietante è che questa strage avrebbe potuto essere evitata. L’aggressore non solo era noto alle forze dell’ordine, ma avrebbe dovuto essere già fuori dal territorio francese. Eppure, per l’ennesima volta, il sistema si è dimostrato inefficace nel garantire la sicurezza dei suoi cittadini. I governi occidentali, paralizzati dall’ideologia dell’accoglienza a ogni costo, si rifiutano di vedere la realtà: l’immigrazione islamista, incontrollata e mal gestita, sta portando il terrore nelle città europee. E come sempre, sono i cittadini innocenti e le forze dell’ordine a pagare il prezzo più alto.
L’ammonimento dimenticato di Benedetto XVI e Giovanni Paolo II
Questa tragedia non è solo il frutto di politiche migratorie sbagliate, ma anche di un oblio ideologico che ha portato l’Europa a rinnegare le proprie radici e ad accogliere senza discernimento. Papa Giovanni Paolo II parlava del diritto di non emigrare, sottolineando che la vera giustizia sociale non consiste nel sradicare intere popolazioni per inserirle in un tessuto culturale estraneo, bensì nel permettere loro di svilupparsi nelle proprie terre d’origine. Un principio completamente ignorato dai fautori dell’immigrazione di massa, che invece spingono verso un melting pot forzato senza alcuna riflessione sulle conseguenze.
Benedetto XVI: “Non tutte le culture sono compatibili”
Benedetto XVI fu ancora più chiaro e diretto: “Non tutte le culture sono compatibili tra loro”. Lo disse nel suo storico discorso di Ratisbona, citando un dialogo medievale tra l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo e un dotto musulmano. L’ex Papa tedesco mise in guardia dal pericolo dell’islamismo radicale e dalla sua incompatibilità con la civiltà cristiana, denunciando come le società occidentali stessero smantellando le proprie difese culturali nel nome di una falsa inclusione.
Eppure, anziché ascoltarlo, Benedetto XVI fu attaccato e deriso dalle stesse élite progressiste che oggi si trovano a gestire un continente sempre più esposto al terrorismo jihadista.
Immigrazione senza controllo: un pericolo per l’identità europea
La verità è che accogliere indiscriminatamente significa non solo mettere a rischio la sicurezza dei cittadini, ma anche dissolvere il tessuto identitario dell’Europa. Una società che accetta chiunque senza interrogarsi sulle sue radici, sui suoi valori e sulla sua visione del mondo è destinata a soccombere.
Ogni attacco terroristico islamista non è un caso isolato, ma il sintomo di un problema più profondo: un’immigrazione che ha fallito, un’integrazione impossibile e un pericolo costante per i popoli europei. L’ideologia globalista impone di considerare tutti uguali, ma la realtà ci dimostra che l’accoglienza senza criterio genera violenza, disordine e insicurezza.
Macron ammette l’attacco terroristico, ma le sue politiche restano un fallimento
L’attacco di Mulhouse ha costretto perfino il presidente Emmanuel Macron a riconoscere l’evidenza: “Si è trattato di un atto di terrorismo islamista”, ha dichiarato, mentre la Procura nazionale antiterrorismo prendeva in carico l’inchiesta. Parole che suonano ormai come una tragica routine: ogni volta che il terrorismo islamico colpisce la Francia, si susseguono dichiarazioni di circostanza, promesse di fermezza e indignazione pubblica, ma poi nulla cambia.
Misure concrete o solo parole?
Il ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, si è recato sul luogo dell’attacco per assicurare che “saranno prese misure adeguate”. Ma la domanda è sempre la stessa: quali misure? Il problema non sta nel gestire l’ennesima emergenza, bensì nel prevenire che individui pericolosi, già schedati e con obbligo di espulsione, restino impunemente sul suolo francese.
Se il governo francese non prenderà una posizione netta e radicale contro l’immigrazione islamista e la radicalizzazione, episodi come quello di Mulhouse continueranno a verificarsi con una frequenza sempre maggiore. È tempo che l’Europa si svegli, prima che sia troppo tardi.