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Taiwan circondata: Cina mostra i muscoli con 90 navi

10 Dic 2024 - Geopolitica

Pechino dispiega una flotta senza precedenti intorno a Taiwan, in risposta alla visita del presidente William Lai negli USA. La tensione nello Stretto raggiunge livelli critici.

Taiwan circondata: Cina mostra i muscoli con 90 navi

Imponente dispiegamento militare cinese intorno a Taiwan: un segnale di forza senza precedenti

La Cina alza ulteriormente la posta nello Stretto di Taiwan, dispiegando una flotta navale e aerea di proporzioni mai viste negli ultimi decenni. Secondo le autorità taiwanesi, circa 90 unità della Marina e della Guardia Costiera cinesi stazionano intorno all’isola, un chiaro messaggio di forza a Taipei e ai suoi alleati occidentali. L’azione segue la recente visita all’estero del presidente taiwanese William Lai (Lai Ching-te), un evento che ha suscitato la furia di Pechino.

Una dimostrazione militare che supera i precedenti

Le cifre diffuse dal Ministero della Difesa di Taiwan sono impressionanti: oltre alle forze navali, nelle ultime 24 ore sono stati rilevati 47 velivoli militari cinesi nei pressi dell’isola, il numero più alto registrato da ottobre, quando la Cina aveva risposto con 153 sortite aeree a un discorso dello stesso Lai, definito da Pechino come un “pericoloso separatista”.

Secondo il portavoce del Ministero della Difesa taiwanese, Sun Li-fang, “l’entità di queste forze marittime supera le quattro esercitazioni condotte dal 2022”, comprese quelle scatenate dalla visita dell’allora speaker della Camera USA Nancy Pelosi. Questa volta, inoltre, sono coinvolte forze provenienti non solo dal Comando del Teatro Orientale cinese, ma anche dai Comandi Settentrionale e Meridionale.

La strategia cinese: controllo della “prima catena di isole”

L’attività militare di Pechino copre una vasta area che comprende il Mar Cinese Orientale, lo Stretto di Taiwan e il Mar Cinese Meridionale. Questo dispiegamento non solo rappresenta una minaccia diretta a Taiwan, ma ribadisce l’obiettivo strategico cinese di controllo della “prima catena di isole”, una barriera naturale che va dal Giappone al Borneo, fondamentale per il predominio regionale.

Le motivazioni dietro l’escalation

La visita di William Lai alle Hawaii e a Guam, tappe che confermano il legame sempre più stretto tra Taipei e Washington, è stata considerata una provocazione da Pechino. La Cina, che non ha mai rinunciato alla “riunificazione” dell’isola, considera ogni apertura diplomatica di Taiwan come una sfida diretta alla propria sovranità. Il Ministero degli Esteri cinese ha ribadito che “difenderà con fermezza” la propria integrità territoriale.

Reazioni internazionali e implicazioni geopolitiche

Le manovre cinesi hanno suscitato preoccupazione a livello globale, in particolare tra gli Stati Uniti e i loro alleati nell’Indo-Pacifico. Washington, pur mantenendo la sua politica di “ambiguità strategica”, ha ripetutamente sottolineato l’importanza della stabilità nella regione. La dimostrazione di forza di Pechino rappresenta anche un monito agli altri attori regionali, come Giappone e Australia, che hanno intensificato la cooperazione militare con Taipei.

Un rischio per la stabilità globale

L’aumento della pressione militare nello Stretto di Taiwan segna una nuova fase nella strategia cinese, che non si limita più alle risposte simboliche, ma si traduce in operazioni su larga scala. Questa evoluzione non riguarda solo la sovranità di Taiwan, ma anche l’equilibrio geopolitico nell’Indo-Pacifico, una regione chiave per il commercio e la sicurezza globale.

L’Europa e l’Italia, sebbene meno coinvolte direttamente, dovrebbero osservare con attenzione questi sviluppi, considerando che il futuro ordine mondiale si gioca anche nei mari che circondano Taiwan. La crescente assertività cinese è un segnale che l’Occidente non può permettersi di ignorare.

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One response

  1. Ignazio ha detto:

    Allo stato l’unica seria deterrenza che Taiwan può metttere in atto è munirsi in fretta di un piccolo arsenale nucleare tale da interdire a Pechino l’uso della fascia costiera continentale.
    Ciò non tanto per vincere un eventuale conflitto ma per rendere eccessivamente costosa per Pechino l’ipotesi di un invasione.

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