Storica sentenza della Corte Suprema: gli Stati potranno bloccare i fondi pubblici alle cliniche che praticano aborti
27 Giu 2025 - USA
La decisione rafforza la sovranità statale nella gestione della sanità pubblica e rappresenta un passo importante per il movimento pro-life. Sotto esame il ruolo di Planned Parenthood e del programma federale Medicaid.

Una sentenza che ridisegna i confini tra Stato federale e Stati sovrani
Con una decisione attesissima, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito, con una maggioranza di 6 a 3, che i beneficiari di Medicaid non possono citare in giudizio gli Stati che scelgono di escludere fornitori sanitari legati all’aborto, come Planned Parenthood, dal programma federale. Il caso, noto come Medina v. South Carolina Department of Health, ha ribaltato le precedenti sentenze dei tribunali inferiori che avevano dato ragione all’organizzazione abortista.
A redigere l’opinione della Corte è stato il giudice conservatore Neil Gorsuch, che ha spiegato: “Il Congresso sa come autorizzare esplicitamente azioni legali contro gli Stati, ma non lo ha fatto in questo caso. Non è competenza di questa Corte crearne uno per via giudiziaria”.
Il caso South Carolina: una sfida al cuore del sistema Medicaid
Tutto è nato da un ordine esecutivo del 2018 firmato dal governatore repubblicano della South Carolina, Henry McMaster, che aveva deciso di escludere le cliniche di Planned Parenthood dai rimborsi Medicaid. Il provvedimento era stato contestato in tribunale da una paziente e dalla sezione locale di Planned Parenthood, che avevano invocato una clausola federale sulla “libera scelta del fornitore” da parte dei beneficiari di Medicaid.
La Corte, però, ha chiarito che quella clausola non conferisce un diritto individuale azionabile in giudizio. Un punto che, secondo Gorsuch, rafforza la distinzione tra indirizzo politico e intervento giudiziario.
Chi è Planned Parenthood e perché è al centro della battaglia culturale
Planned Parenthood è la più grande rete di cliniche per la salute riproduttiva negli Stati Uniti. Secondo dati ufficiali, circa la metà dei suoi pazienti accede ai servizi tramite Medicaid. Sebbene l’organizzazione fornisca anche contraccezione, test di gravidanza, screening oncologici e consulenze sanitarie, il fatto che offra anche aborti chirurgici e farmacologici ne ha fatto un bersaglio per decenni del fronte conservatore e cristiano pro-life.
La sentenza della Corte Suprema ora consente agli Stati di interrompere i rimborsi anche per i servizi non abortivi, a patto che la struttura fornisca anche aborti. Un punto che apre la porta a provvedimenti simili in diversi altri Stati a guida repubblicana.
Le reazioni: applausi dal fronte conservatore, rabbia tra i liberal
Il governatore McMaster ha dichiarato che la sentenza “rafforza il nostro impegno a proteggere la vita innocente e a rifiutare che il denaro dei contribuenti finisca in cliniche che praticano aborti”.
Anche il senatore Josh Hawley ha esultato sui social: “Tremendous news for LIFE”, mentre Marjorie Taylor Greene ha rilanciato la sentenza come un “colpo mortale al complesso abortista americano”.
La Casa Bianca ha fatto sapere, tramite la portavoce Karoline Leavitt, che la decisione “è una conferma della libertà degli Stati sovrani e del principio costituzionale di sussidiarietà. L’amministrazione Trump sostiene pienamente questo orientamento”.
Sul fronte opposto, Planned Parenthood ha denunciato che “questa sentenza è un attacco ai più vulnerabili. Priva le donne a basso reddito del diritto di scegliere il proprio medico e mina la sanità pubblica”.
La giudice progressista Ketanji Brown Jackson, nel suo parere di dissenso, ha parlato di una “decisione che infligge un danno concreto a pazienti reali e apre la porta a discriminazioni mascherate da sovranità”.
Una nuova frontiera per il federalismo pro-life
Dopo l’abolizione di Roe v. Wade nel 2022 e l’elezione di Trump nel 2024, il movimento pro-life raccoglie ora un’altra vittoria. La Corte Suprema, oggi con una solida maggioranza conservatrice, sta progressivamente smantellando l’architettura giudiziaria creata nei decenni precedenti a favore della cosiddetta “libertà riproduttiva”.
La sentenza del 26 giugno 2025 segna una svolta costituzionale: gli Stati potranno definire chi abbia diritto – e chi no – a ricevere fondi pubblici per la sanità. E soprattutto, potranno farlo senza temere ricorsi da parte dei beneficiari.