Soros, Agenda e Silvia Salis: ombre sui fondi elettorali
10 Giu 2025 - Italia
Oltre un milione di euro da una fondazione legata a Soros all’associazione Agenda. Dubbi sull’uso dei fondi nelle campagne del centrosinistra, tra cui quella di Silvia Salis a Genova.

Silvia Salis e il caso “Agenda”: un’inchiesta da leggere senza pregiudizi
Negli ultimi giorni diverse testate, tra cui La Verità, Il Sussidiario, Il Giornale d’Italia e L’Unità.tv, hanno pubblicato un’inchiesta in cui si sostiene che l’associazione “Agenda”, vicina al mondo progressista italiano, abbia ricevuto oltre un milione di euro da una fondazione estera riconducibile alla rete Open Society di George Soros. Parte di questi fondi – secondo quanto ipotizzato dai giornalisti – sarebbe stata utilizzata per sostenere indirettamente alcune campagne elettorali, tra cui quella di Silvia Salis a Genova.
Da Democracy & Pluralism ad Agenda: i flussi di denaro
Secondo quanto emerge dai bilanci dell’associazione Agenda, pubblicati regolarmente e accessibili online, nel 2023 sarebbero state ricevute due consistenti erogazioni da parte della fondazione Democracy & Pluralism, con sede in Svezia, presieduta da Daniel Sachs, imprenditore e filantropo legato ad alcune attività dell’Open Society.
Gli importi – circa 800 mila euro e 275 mila euro – rientrerebbero tra le donazioni per progetti di promozione della democrazia, dell’uguaglianza di genere e della partecipazione civica. Non è però chiaro come questi fondi siano stati effettivamente spesi, né se siano stati utilizzati, anche solo in parte, per supportare candidati specifici.
Il ruolo di Agenda: consulenza politica o sostegno indiretto?
Agenda, fondata da Sofia Di Patrizi, si presenta come un’associazione culturale che promuove la partecipazione delle donne alla vita pubblica e sostiene la rigenerazione della sinistra italiana. L’inchiesta suggerisce che, con i fondi ricevuti dall’estero, Agenda abbia commissionato sondaggi, ricerche, consulenze e supporto organizzativo in vista delle elezioni amministrative e politiche in Italia.
Tra le figure citate nei documenti riportati dai media compare anche Giuseppe Provenzano, ex vicesegretario del PD, che avrebbe ricevuto compensi da Agenda. Si menzionano inoltre attività di sostegno indiretto ad alcune candidature vicine all’area Schlein, inclusa – per l’appunto – quella di Silvia Salis, senza però indicare un passaggio di denaro diretto.
Legittimo sospetto o costruzione strumentale?
A oggi, nessun reato è stato ipotizzato. I finanziamenti ricevuti da Agenda risultano dichiarati e non vi è prova di una connessione formale o operativa tra Silvia Salis e la fondazione Democracy & Pluralism. Tuttavia, la coincidenza temporale tra l’arrivo dei fondi e la fase pre-elettorale solleva legittime domande sulla trasparenza dei meccanismi di sostegno alla politica, specie quando avvengono attraverso enti intermedi non direttamente riconducibili ai candidati.
La mancata replica da parte dell’associazione Agenda e dei soggetti coinvolti, al momento, lascia aperto lo spazio a ricostruzioni parziali e interpretazioni politiche divergenti.
Una riflessione più ampia: serve chiarezza sulle regole
L’inchiesta, pur nella sua parzialità, apre un tema importante: in un’epoca di globalizzazione e attivismo transnazionale, fino a che punto è lecito il coinvolgimento di fondazioni straniere nei processi democratici locali? E, soprattutto, esistono strumenti adeguati per garantire la trasparenza di questi flussi finanziari quando agiscono attraverso soggetti formalmente indipendenti ma politicamente attivi?
Il caso sollevato dai giornali merita attenzione, senza cedere né al sensazionalismo né all’assoluzione preventiva. La credibilità della politica passa anche da una cultura della rendicontazione aperta, soprattutto in contesti in cui i confini tra attivismo sociale e intervento elettorale diventano sempre più sfumati.