Sinti aggrediscono l’inviata di Striscia Rajae: lo Stato resta a guardare
14 Mag 2025 - Italia
Durante un servizio su un’occupazione abusiva a Treviso, Rajae Bezzaz di Striscia la Notizia è stata aggredita da una famiglia sinti nota alle forze dell’ordine. Pugni, calci e minacce con l’ascia, sotto gli occhi dei carabinieri. L’Italia che protegge gli abusivi e punisce chi racconta la verità.

Vergogna a Maserada: i Sinti aggrediscono Rajae di Striscia la Notizia, lo Stato resta a guardare
Ancora una volta, l’Italia assiste sgomenta all’ennesimo episodio in cui l’illegalità di una comunità sinti si trasforma in violenza incontrollata — senza che lo Stato abbia la forza, o la volontà, di fermarla. Durante un servizio mandato in onda il 13 maggio 2025 da Striscia la Notizia, l’inviata Rajae Bezzaz è stata brutalmente aggredita mentre documentava l’occupazione abusiva di una casa da parte di una famiglia sinti già nota alle forze dell’ordine. Non si tratta di un caso isolato, ma dell’ennesima conferma: c’è chi in Italia può permettersi tutto, anche pestare una troupe televisiva davanti ai carabinieri, nella totale arroganza dell’impunità.
L’aggressione per zittire la verità
Rajae stava ponendo domande scomode a un anziano parente della vera proprietaria, domande che rischiavano di far venire a galla la verità sull’abusivismo della famiglia sinti. Ma dire la verità, quando si ha a che fare con queste comunità, è un reato punibile con la violenza. In un attimo, le donne sinti presenti hanno perso ogni freno, e si sono scagliate con ferocia contro la giornalista: pugni in faccia, capelli strappati, telecamere distrutte, schede di memoria rubate. E non paghe, hanno estratto un’ascia per minacciare il cameraman, chiedendo anche la bodycam. Tutto questo sotto gli occhi della troupe e di alcuni residenti sgomenti.
Una famiglia ben conosciuta, ma mai fermata
La famiglia in questione non è nuova a episodi del genere: si tratta di soggetti ben noti alle forze dell’ordine, con precedenti, denunce e procedimenti a carico. Eppure, sono ancora lì, indisturbati, a occupare illegalmente una casa altrui da più di due anni. In Italia, chi lavora e paga le tasse può essere sfrattato per morosità incolpevole, ma chi appartiene a certe comunità protette può occupare, minacciare, aggredire e godere comunque della protezione — se non della complicità — dei soliti noti: associazioni, avvocati, e intellettuali “buonisti” pronti a piangere lacrime di coccodrillo per chiunque sfugga alla legalità.
Buonismo complice: l’Italia dei due pesi e delle due misure
Questa è la fotografia dell’Italia attuale: da una parte, cittadini che rispettano le regole e vengono perseguitati dal fisco, dallo Stato, da una burocrazia senza pietà. Dall’altra, nuclei sinti e rom che accumulano condanne, minacciano giornalisti, picchiano chi osa raccontare la realtà — e continuano indisturbati, difesi da una certa ideologia che ha fatto della devianza un diritto e della legalità un’opinione.
Quando la legge si piega alla paura
Anche dopo l’arrivo dei carabinieri, l’aggressione non si è fermata. Questo è forse l’aspetto più inquietante: nemmeno lo Stato in uniforme è in grado di fermare la furia di chi si sente intoccabile. La forza pubblica è ridotta a comparsa, costretta a constatare la violenza ma impotente nel prevenirla. È questo il punto: la legge non vale più per tutti. E quando una troupe televisiva viene pestata solo per aver fatto domande, non siamo più in una democrazia, ma in un regime di paura.
Solidarietà a chi ha il coraggio di non voltarsi
A Rajae, alla redazione di Striscia la Notizia e a tutti i giornalisti che ancora hanno il coraggio di raccontare ciò che molti vorrebbero censurare, va la nostra piena solidarietà. E un monito: chi cerca la verità non deve mai essere lasciato solo. Chi semina violenza non può continuare a raccogliere impunità.
Qui il link del servizio: https://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/terrore-per-rajae-e-la-sua-troupe-in-una-casa-occupata-a-treviso