Scarcerazione di Giovanni Brusca: una ferita aperta per l’Italia onesta
6 Giu 2025 - Italia
Dopo 25 anni di carcere, l’uomo che ha premuto il pulsante che uccise Giovanni Falcone è libero. La legge lo permette, ma il cuore del popolo italiano resta sgomento.

Brusca libero: lo Stato ha mantenuto la parola, ma a quale prezzo?
Giovanni Brusca, il mafioso che ha premuto il telecomando che ha fatto saltare in aria il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, è tornato un uomo libero. Lo Stato ha rispettato i patti con il pentito. Ma ci si chiede se sia giusto che un simile mostro torni oggi a calpestare le strade del nostro Paese da uomo libero.
La legge sui collaboratori di giustizia, voluta proprio da Falcone, ha reso possibile la scarcerazione dopo 25 anni di pena e quattro di libertà vigilata. Ma che effetto fa vedere un uomo che ha confessato oltre 150 omicidi – tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo – uscire dal carcere come se nulla fosse?
Chi è davvero Giovanni Brusca
Chiamato “u verru”, il maiale, per la sua ferocia, Brusca è stato uno degli uomini più sanguinari nella storia di Cosa Nostra. Legato a Totò Riina, ha avuto un ruolo centrale nella strategia delle stragi degli anni ’90. Oltre all’omicidio di Falcone e al massacro di Capaci, fu lui a ordinare – e secondo alcuni a eseguire – il sequestro, la prigionia e il brutale assassinio del piccolo Giuseppe Di Matteo, colpevole solo di essere figlio di un pentito.
Il bambino, rapito a 12 anni, fu tenuto in catene per 779 giorni. Poi venne strangolato e il suo corpo sciolto nell’acido. Un crimine disumano che anche oggi, a distanza di quasi trent’anni, grida vendetta al cielo.
Maria Falcone: “Umanamente addolorata, ma questa è la legge di Giovanni”
Tra le poche voci che hanno saputo mantenere lucidità di giudizio, c’è quella di Maria Falcone, sorella del giudice ucciso:
“Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge. Una legge voluta da mio fratello, che ha creduto nella possibilità che un collaboratore di giustizia aiutasse lo Stato a combattere la mafia.”
Una posizione che merita rispetto, soprattutto per la coerenza e il dolore contenuto. Ma per molti cittadini e famiglie delle vittime, resta l’amaro in bocca: lo Stato, seppur fedele alla legge, ha lasciato libero un simbolo del male assoluto.
Uno Stato forte non dimentica
In un Paese dove i criminali vengono spesso trattati meglio delle vittime, la scarcerazione di Giovanni Brusca è uno schiaffo morale all’Italia onesta. È la dimostrazione di quanto sia difficile, oggi, conciliare giustizia formale e giustizia sostanziale.
Non si tratta di chiedere vendette, ma di ribadire che certe figure – per ciò che rappresentano – non dovrebbero più godere del beneficio dell’anonimato e della libertà assoluta. Perché chi ha ucciso Falcone, chi ha strappato un bambino alla vita in modo così crudele, non può semplicemente tornare alla sua.
La memoria non va scarcerata
Brusca è libero. Ma le sue vittime no. Falcone, Morvillo, gli agenti di scorta, Giuseppe Di Matteo: loro sono morti per sempre. E mentre l’ex boss mafioso potrà camminare da uomo libero, noi abbiamo il dovere di ricordare. Di non normalizzare l’orrore. Di non accettare che il rispetto della legge coincida con l’umiliazione della giustizia.
Il criminale che ha ucciso Falcone è libero.
Ha fatto saltare l’autostrada di Capaci.
Ha sciolto un bambino nell’acido.
Ha ammesso 100 omicidi.
È giustizia, questa? pic.twitter.com/mVeXcR0dT9
— Il Politico Web (@ilpolitico_web) June 6, 2025