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Putin rilancia la dottrina dell’unico popolo e apre alla conquista di Sumy

20 Giu 2025 - Russia

Dal Forum economico di San Pietroburgo, il presidente russo riafferma l'identità unitaria russo-ucraina, minaccia nuovi avanzamenti militari e definisce i BRICS l’alternativa all’egemonia occidentale. L’ombra di un nuovo ordine multipolare si allunga sull’Europa.

Putin rilancia la dottrina dell’unico popolo e apre alla conquista di Sumy

L’identità russo-ucraina come pilastro della politica imperiale di Mosca

Le parole pronunciate da Vladimir Putin durante la plenaria del Forum economico di San Pietroburgo non rappresentano solo una dichiarazione d’intenti, ma una riaffermazione dottrinaria della visione imperiale russa: «Considero i russi e gli ucraini un unico popolo. In questo senso, tutta l’Ucraina è nostra». L’affermazione, che ricalca una linea ideologica già ribadita dal presidente sin dall’inizio del conflitto nel 2022, sancisce il rifiuto radicale dell’esistenza di un’identità ucraina autonoma. È un concetto che affonda le radici nell’eredità zarista e sovietica, e che serve oggi a legittimare sul piano narrativo l’espansione militare oltre i confini internazionalmente riconosciuti.

Sumy e la “zona cuscinetto”: verso una nuova fase del conflitto

Putin ha affermato che la Russia non ha come obiettivo immediato la conquista della città di Sumy, ma «in linea di principio non lo escludo». È un messaggio duplice: rassicura l’opinione pubblica interna sull’assenza di escalation incontrollata, ma prepara psicologicamente l’ambiente internazionale a un’estensione del fronte nord-orientale. La costruzione di una “fascia di sicurezza” profonda fino a 12 km lungo il confine russo-ucraino serve da cornice militare e diplomatica per eventuali offensive. In dottrina militare, questo tipo di profondità tattica serve a neutralizzare artiglieria e droni nemici entro range operativo, ma sul piano strategico rappresenta un chiaro passo verso l’annessione de facto di territori ucraini.

Minaccia nucleare e guerra dell’informazione

Putin ha poi lanciato un monito netto su un’eventuale “bomba sporca” che potrebbe essere usata da Kiev: «Sarebbe il loro ultimo errore». Qui emerge l’uso calibrato della deterrenza narrativa. Parlare di “bomba sporca” – ovvero un ordigno convenzionale contaminato da materiale radioattivo – serve a spostare la percezione del conflitto su un piano apocalittico e alimentare una guerra psicologica. L’evocazione del termine “neonazisti”, ricorrente nella propaganda russa, punta a isolare Kiev a livello internazionale, presentandola come attore irrazionale e destabilizzante.

Crisi economica e narrativa BRICS: la strategia del decentramento

Il presidente russo ha ammesso che membri del suo stesso governo, come il ministro dello Sviluppo economico, temono una stagnazione o recessione imminente. Tuttavia, ha ribadito che il tasso di crescita del PIL russo nel 2024 è stato “il quarto al mondo” e il primo in Europa. Ma è proprio la necessità di citare il dato del 2024 – anziché quello dei primi mesi del 2025 – a indicare un rallentamento. Per compensare, Putin ha rilanciato il messaggio geopolitico dei BRICS come nuovo centro di gravità del commercio mondiale: «Valgono il 40% dell’economia globale, e cresceranno ancora». In questa visione, il decentramento dell’economia mondiale coincide con la marginalizzazione dell’Occidente, evocata simbolicamente dal video trasmesso al Forum con la scritta “Hollywood” in fiamme.

Escalation globale: dal Donbass al Golfo Persico

Putin ha espresso seria preoccupazione per il deterioramento del sistema internazionale, citando non solo la guerra in Ucraina, ma anche le tensioni tra Israele e Iran. Ha avvertito che “il potenziale di conflitto sta crescendo, è proprio sotto i nostri occhi”, e ha parlato della necessità urgente di soluzioni “preferibilmente pacifiche”. Tuttavia, la Russia non è neutrale: ha relazioni tecnico-nucleari con Teheran e interessi diretti nei programmi iraniani. L’escalation in Medio Oriente coinvolge così indirettamente Mosca, mentre il Cremlino tenta di presentarsi al contempo come potenza garante e come soggetto revisionista dell’ordine globale.

Lo scambio di prigionieri: l’unico spiraglio diplomatico

Sul fronte umanitario, si è registrato un nuovo scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina, mediato dalla Turchia. L’accordo prevede la liberazione di soldati feriti e malati, ma il numero e le condizioni restano vaghi. È un segnale flebile di contatto tra le parti, e il fatto che Mosca abbia fatto rientrare alcuni prigionieri passando dalla Bielorussia dimostra la complessità logistica e politica di ogni trattativa. Questi gesti non rappresentano un’inversione di tendenza, ma solo la minima espressione di una diplomazia a bassissima intensità.

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Articolo scritto da:
Marcello De Santis

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