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Papa Francesco, lo scandalo che mette in crisi la libertà di parola

24 Apr 2025 - Approfondimenti Politici

Gli attacchi a Papa Francesco sono gravi, ma ancor più pericolosa è la reazione di chi vuole zittire il dissenso con la scusa dell’indignazione.

Papa Francesco, lo scandalo che mette in crisi la libertà di parola

Il caso Pappalardo e il dovere di difendere la libertà di parola

«Annunciata la morte di antipapa Francesco. Ora fondamentale un conclave pre 2013 per un vero Papa». Sono parole che feriscono, non solo per il loro contenuto teologico aberrante, ma per il tempismo e il disprezzo umano con cui sono state scritte, poche ore dopo la notizia – falsa – della morte del Santo Padre. Le ha firmate Antonio Pappalardo, dirigente della Giustizia minorile per l’Emilia-Romagna e le Marche, su un piccolo canale Telegram chiamato “Logos e Libertas”. E da lì, in un attimo, sono diventate un caso politico e mediatico.

Difendere Francesco dagli attacchi, senza arrendersi alla censura

Da cattolico e da giornalista, non ho esitazioni nel definire scandalosi i contenuti pubblicati da Pappalardo. Non si tratta di una legittima critica teologica, né di un’espressione di sincero dissenso ecclesiale. Qui si va ben oltre: si insinua, si distorce, si accusa il Pontefice di usurpazione, con toni e simbologie (la bandiera russa accostata a quella italiana e americana) che sanno più di militanza ideologica che di fede.

Ma allo stesso tempo – ed è questo il punto che molti fingono di non vedere – il caso Pappalardo diventa subito un pretesto per un’operazione politica ben più ampia: quella di ridefinire i confini della libertà di parola secondo il metro ideologico della sinistra progressista. Un metro che decide cosa sia accettabile dire e cosa no, chi può parlare e chi deve essere silenziato. Una dinamica inquietante, che abbiamo già visto in azione troppe volte.

Il diritto di parola vale anche per chi sbaglia

L’articolo 21 della nostra Costituzione non protegge solo le opinioni gradite, equilibrate o espresse con garbo. Protegge anche, e soprattutto, quelle scomode, provocatorie, persino offensive – fino al limite della legge. Se Pappalardo ha violato norme deontologiche legate alla sua funzione pubblica, è giusto che il Ministero della Giustizia indaghi e, se necessario, agisca. Ma è inaccettabile che venga colpito per il solo fatto di aver espresso un’opinione, per quanto irritante, sul Papa o sull’Unione Europea.

Perché in gioco non c’è solo il destino di un dirigente. C’è qualcosa di molto più prezioso: il principio secondo cui lo Stato non può decidere chi ha diritto di esprimersi e chi no. E questo principio vale anche – e soprattutto – per chi ci disturba.

Quando la sinistra parla di “valori”, intende sempre i propri

Colpisce la solerzia con cui molti esponenti della sinistra, dal Partito Democratico a Coalizione Civica, si sono lanciati contro Pappalardo. Chiedono la sua revoca, lo bollano come “pericoloso”, insinuano che i ragazzi stranieri a lui affidati siano a rischio per le sue idee. È la solita tecnica: delegittimare l’interlocutore, colpirlo nel lavoro, disumanizzarlo per renderlo inaccettabile nella sfera pubblica. Si parla di “valori democratici”, ma si intende l’esclusione sistematica di chi non si piega alla narrazione dominante.

Non è la prima volta. Chiunque osi dissentire sull’immigrazione, sull’Europa, sulle scelte della Chiesa viene messo alla gogna. Ed è paradossale che ciò accada proprio da parte di chi si definisce “liberale” o “inclusivo”.

La risposta cattolica non è la censura, ma la verità nella carità

Come cristiani, siamo chiamati a difendere la verità, ma non possiamo farlo chiedendo il silenzio dell’altro. Rispondiamo agli errori con la forza del Vangelo, non con la censura. Il Santo Padre Francesco ci ha dato l’esempio: ha accolto critiche durissime, anche dentro la Chiesa, senza mai pretendere vendette istituzionali. Ha preferito il dialogo alla repressione, la misericordia alla condanna.

Non dobbiamo cadere nella tentazione opposta: usare la forza delle istituzioni per zittire chi sbaglia. Altrimenti, perdiamo noi stessi. E smettiamo di essere quella Chiesa in uscita che Francesco ci ha insegnato ad essere.

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One response

  1. paolo falcinelli ha detto:

    dimentichi quanti sacerdoti ha scomunicato Bergoglio

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