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OpenAI cambia pelle: da struttura ibrida a Public Benefit Corporation

13 Mag 2025 - Finanza

La svolta giuridica del colosso dell’intelligenza artificiale apre interrogativi su governance, trasparenza e il vero significato di “beneficio per l’umanità”. Un nuovo equilibrio tra etica e mercato si mette alla prova.

OpenAI cambia pelle: da struttura ibrida a Public Benefit Corporation

Nel mondo turbolento dell’intelligenza artificiale, OpenAI ha annunciato un cambiamento strutturale destinato a segnare una nuova fase nella sua evoluzione. La società, fondata nel 2015 come un laboratorio non-profit con la missione ambiziosa di garantire che l’intelligenza artificiale generale (AGI) porti benefici all’umanità intera, ha recentemente trasformato la sua complessa architettura organizzativa in una Public Benefit Corporation (PBC).

Un passaggio tanto tecnico quanto carico di implicazioni strategiche, politiche ed economiche. Dietro questa nuova forma giuridica, c’è la volontà di bilanciare gli interessi degli investitori con la missione sociale originaria di OpenAI. Ma come funziona esattamente questa nuova struttura? E, soprattutto, è davvero in grado di garantire che l’AGI non diventi una tecnologia egemonica al servizio di pochi?

Dalla non-profit alla PBC: una metamorfosi annunciata

OpenAI nasce come una non-profit pura, fondata da nomi altisonanti della Silicon Valley, tra cui Elon Musk e Sam Altman, per creare un’alternativa ai giganti privati come Google e Facebook nello sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ma la rapidità con cui il settore ha richiesto investimenti miliardari ha presto costretto l’organizzazione a ripensarsi.

Nel 2019 arriva un primo passo controverso: la creazione di un’entità for-profit “limitata”, denominata OpenAI LP, controllata formalmente da una non-profit, che si riservava il diritto di veto sulle decisioni strategiche. Una soluzione di compromesso, ma anche una fonte di tensioni e critiche, che esplodono nel 2023 con il licenziamento e il successivo reintegro di Sam Altman, simbolo della crescente pressione tra gli obiettivi etici e le esigenze del mercato.

La nuova forma di Public Benefit Corporation, annunciata nel 2024, rappresenta il tentativo di uscire da questa impasse, mettendo ordine nella governance e rendendo più trasparente il quadro giuridico dell’organizzazione.

Che cos’è una Public Benefit Corporation?

La PBC è una forma giuridica ibrida riconosciuta negli Stati Uniti, che consente a un’azienda for-profit di perseguire finalità sociali oltre al semplice profitto per gli azionisti. A differenza delle corporation tradizionali, una PBC ha l’obbligo statutario di considerare l’impatto delle proprie decisioni su tutti gli stakeholder: dipendenti, clienti, comunità, ambiente, e — nel caso di OpenAI — l’intera umanità.

Questa struttura consente quindi a OpenAI di raccogliere capitali privati mantenendo un ancoraggio alla sua missione originaria: sviluppare un’intelligenza artificiale generale che sia sicura, allineata ai valori umani, e accessibile a tutti, non concentrata nelle mani di poche élite tecnologiche.

Un equilibrio delicato: chi comanda davvero?

Uno dei punti più rilevanti del nuovo assetto è che la non-profit originaria continuerà a detenere una quota significativa della nuova PBC e a esercitare un controllo strategico sulle decisioni fondamentali. Questo dovrebbe teoricamente garantire che l’obiettivo di beneficio pubblico rimanga al centro.

Tuttavia, permangono dubbi sulla reale trasparenza del potere decisionale. Chi decide cosa sia “in linea con il beneficio dell’umanità”? Con quali strumenti la non-profit può effettivamente intervenire nel caso in cui il consiglio di amministrazione della PBC persegua strategie aggressive o orientate esclusivamente al profitto?

Le recenti vicende interne di OpenAI, tra scontri tra consiglieri e leadership esecutiva, hanno dimostrato quanto possa essere fragile il meccanismo di governance in un contesto dove interessi morali e capitali miliardari si scontrano quotidianamente.

L’accoglienza dell’industria e le incognite future

Nel mondo dell’AI, la transizione di OpenAI è stata accolta con cauto ottimismo. La PBC rappresenta un modello replicabile, che potrebbe ispirare altre aziende tech a coniugare profitto e responsabilità sociale.

Tuttavia, non mancano le critiche: alcuni osservatori ritengono che si tratti di una formalizzazione del già avvenuto spostamento verso il mercato, con una missione etica sempre più relegata a dichiarazioni d’intenti. Altri sottolineano che il vero banco di prova sarà la trasparenza operativa: pubblicazione degli impatti sociali, apertura del codice, collaborazioni con la comunità scientifica, condivisione dei benefici con paesi a basso reddito.

Tra idealismo e realpolitik

Il nuovo corso di OpenAI riflette un trend più ampio: l’istituzionalizzazione del potere dell’intelligenza artificiale. Non siamo più di fronte a laboratori accademici o startup visionarie, ma a infrastrutture critiche per l’economia globale, con impatti sulla sicurezza nazionale, sul mercato del lavoro e sulla struttura stessa delle democrazie.

La sfida che si apre con la nuova PBC è di quelle decisive: dimostrare che è possibile coniugare innovazione radicale, interesse collettivo e sostenibilità economica. Se OpenAI ci riuscirà davvero, avrà tracciato una strada. Ma se invece la missione etica verrà sacrificata sull’altare della competizione, il rischio sarà che l’AGI diventi solo l’ennesimo strumento di potere concentrato, sotto l’etichetta di un “benefit” che rischia di restare solo sulla carta.

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