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Norma Cossetto, la martire istriana che l’Italia non deve dimenticare

- Approfondimenti Politici

Nel giorno della memoria di Norma Cossetto, l’Italia si inchina alla sua martire istriana: simbolo della ferocia titina e delle foibe, testimone di un popolo perseguitato e dimenticato.

Norma Cossetto, la martire istriana che l’Italia non deve dimenticare

📋 Riassunto dell'articolo

Articolo in ricordo di Norma Cossetto nel giorno della sua memoria. Narrazione geopolitica di destra che ricostruisce la tragedia delle foibe, la brutalità del regime titino e il silenzio dell’Occidente, restituendo dignità e verità alla memoria italiana.

Un nome che parla alla coscienza nazionale

Ogni 5 ottobre, l’Italia ricorda Norma Cossetto, la giovane istriana torturata e uccisa dai partigiani comunisti di Tito nel 1943. Il suo nome non è solo una storia personale, ma il simbolo di un genocidio taciuto, di un’ingiustizia subita da un intero popolo italiano sul confine orientale. Ricordarla significa restituire verità e dignità a un’Italia che fu costretta al silenzio per non disturbare l’equilibrio politico imposto dall’ideologia dominante del dopoguerra.

Un destino intrecciato alla tragedia delle foibe

Norma nacque nel 1920 a Santa Domenica di Visinada, in Istria, da una famiglia profondamente legata alla cultura e alla patria italiana. Studentessa all’Università di Padova, stava ultimando una tesi dedicata alla sua terra quando, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, il caos travolse l’Istria. In quei giorni, i partigiani titini scatenarono una violenza sistematica contro gli italiani, accusati di essere “nemici del popolo” solo perché rappresentavano la presenza nazionale in una terra contesa.

Fu l’inizio di una delle pagine più buie della nostra storia: le foibe, cavità carsiche trasformate in fosse comuni dove migliaia di uomini, donne e persino bambini furono gettati vivi o uccisi con un colpo alla nuca. Le modalità furono di una crudeltà disumana: torture, violenze sessuali, corpi legati con filo di ferro e spinti nel vuoto. Tra quelle vittime, c’era anche Norma Cossetto, violentata, seviziata e infine gettata viva nella foiba di Villa Surani. Aveva solo 23 anni.

Le torture e la notte dell’orrore

Norma fu catturata dai partigiani nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 1943. Incarcerata a Parenzo, venne rinchiusa in una scuola adibita a prigione insieme ad altri italiani. Testimonianze raccolte negli anni raccontano le urla provenienti dalla stanza dove era tenuta: fu legata, percossa e violentata più volte da miliziani che si alternavano nelle sevizie. Nonostante le promesse di libertà in cambio di una dichiarazione di adesione al regime titino, rifiutò di rinnegare la sua italianità. Il giorno seguente fu caricata su un camion insieme ad altri prigionieri, portata a Villa Surani e gettata viva nella foiba. Quando, settimane dopo, il suo corpo venne recuperato, fu trovato nudo, con i segni evidenti della tortura e della brutalità subita. La sua fermezza fino alla fine resta una delle testimonianze più alte del coraggio e dell’amore per la patria.

La crudeltà titina e il silenzio dell’Occidente

Le truppe comuniste di Tito non risparmiarono nessuno: preti, maestri, impiegati, carabinieri, famiglie intere. Il loro obiettivo era ripulire l’Istria dalla presenza italiana, sostituendo l’identità culturale di quei territori con un nuovo dominio ideologico e nazionale. Si trattò di una vera e propria pulizia etnica, di cui per decenni non si è potuto parlare apertamente.

L’Europa dell’immediato dopoguerra, schiacciata tra i blocchi e dominata dalla propaganda comunista, preferì chiudere gli occhi. Anche in Italia, una certa sinistra culturale minimizzò o negò quella tragedia, quasi fosse un prezzo da pagare alla storia. Così, il nome di Norma e di migliaia di italiani scomparsi nelle foibe rimase sepolto due volte: prima nei crepacci della terra, poi nella coltre dell’oblio politico.

Il coraggio della verità

Solo a distanza di decenni, grazie all’impegno di associazioni, storici indipendenti e del Comitato 10 Febbraio, la verità è emersa. Nel 2005, la Repubblica Italiana ha riconosciuto a Norma Cossetto la Medaglia d’Oro al Merito Civile, definendola “luminoso esempio di coraggio e di amor patrio”. Ma più che un riconoscimento formale, ciò che serve oggi è una presa di coscienza collettiva: quella di un Paese che non può più accettare che la propria storia venga selezionata in base alla convenienza ideologica.

Un simbolo per l’Italia di oggi

Ricordare Norma Cossetto significa ricordare tutti gli italiani strappati alle loro case, le donne violentate, gli uomini infoibati senza processo, le famiglie sradicate dalle loro terre. È un dovere morale e politico verso una nazione che ha conosciuto il prezzo dell’abbandono.

L’Italia deve ancora guardarsi allo specchio e ammettere che l’Istria, Fiume e la Dalmazia sono state teatro di un martirio che ha un nome e un volto: quello del comunismo jugoslavo e della ferocia titina.
In un’epoca in cui si tenta di riscrivere la storia in chiave neutrale, il volto sereno di Norma Cossetto ricorda a tutti che non c’è pace senza verità. La sua giovinezza spezzata rimane un grido di giustizia che attraversa i decenni, ammonendo chi vorrebbe ancora seppellire la memoria degli italiani dell’Istria.

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