Newsom sfida Trump e sogna il 2028
10 Giu 2025 - USA
Trump militarizza la California per reprimere le proteste e trasforma involontariamente Gavin Newsom in leader nazionale dell'opposizione democratica. Ma la sua corsa verso la Casa Bianca resta costellata di contraddizioni e incognite.

Trump lancia la sfida sull’immigrazione e accende la California
La scelta del presidente Donald Trump di concentrare la sua offensiva contro l’immigrazione clandestina proprio in California – lo Stato più liberal d’America – si è rivelata un detonatore politico. L’invio della Guardia Nazionale federale, e poi addirittura dei marine, a Los Angeles senza richiesta da parte delle autorità locali ha scatenato reazioni durissime. A guidarle è Gavin Newsom, governatore democratico californiano, che accusa il presidente di calpestare l’autonomia degli Stati e di usare la forza per alimentare il caos e giustificare una deriva autoritaria.
Newsom diventa il volto dell’opposizione: ritorno in scena o illusione?
Newsom, 58 anni, già noto a livello nazionale ben prima delle elezioni del 2024, sembrava destinato a un lento declino dopo la conferma di Joe Biden e la candidatura, poi naufragata, di Kamala Harris. Ma la polarizzazione voluta da Trump e la militarizzazione della sua California gli offrono ora un inatteso rilancio politico. Si presenta come difensore della legalità e dei diritti civili, cercando di apparire più istituzionale che ideologico.
Un passato ingombrante e un presente pieno di ombre
Ma la storia personale di Newsom non è priva di nodi. Il suo turbolento passato sentimentale, gli scandali, la battaglia contro l’alcolismo e le accuse di favoritismi nella gestione della cosa pubblica lo rendono vulnerabile. Senza dimenticare il fallimento di grandi progetti come l’alta velocità tra Los Angeles e San Francisco e le critiche bipartisan alla gestione dell’emergenza senzatetto.
La svolta pragmatica: da sindaco ribelle a governatore realista
L’ex sindaco di San Francisco ha modificato negli ultimi anni la sua linea politica: più pragmatico, meno ideologico, ha abbandonato certe posizioni iperprogressiste per cercare di intercettare anche il malcontento dei moderati. Lo dimostra la sua decisa azione contro le tendopoli e i crimini legati al degrado urbano, pur rischiando frizioni con l’ala sinistra del partito.
Ambizioni presidenziali e il dilemma democratico per il 2028
Newsom era stato a lungo visto come il volto giovane, fotogenico e mediaticamente efficace dei democratici, ma troppo californiano per conquistare i moderati dell’interno. Le sue sortite internazionali, da Israele a Pechino, i suoi podcast e i duelli pubblici con Ron DeSantis avevano fatto pensare a una candidatura imminente. Poi la fedeltà a Biden e l’appoggio a Kamala Harris lo hanno momentaneamente messo in panchina. Ora, però, torna a galla.
Trump: stratega o provocatore?
Resta un interrogativo di fondo: Trump ha commesso un errore strategico sottovalutando il rischio di regalare una piattaforma nazionale a Newsom, o ha cinicamente deciso di lanciare la sfida a un volto che considera già perdente fuori dai confini della California? In fondo, il presidente sa bene che la battaglia sull’immigrazione è tra le più sentite dall’opinione pubblica americana e che un fronte democratico troppo spostato a sinistra potrebbe essere destinato, ancora una volta, alla sconfitta.
Un duello che anticipa il futuro della politica americana
In un’America sempre più divisa, dove i governatori diventano protagonisti di battaglie federali, il confronto tra Trump e Newsom offre uno sguardo anticipato sulla possibile contesa del 2028. Ma mentre il primo sembra già incarnare un potere consolidato e muscolare, il secondo appare ancora in cerca di una sintesi tra ambizione personale, contraddizioni passate e visione politica.
Il tempo per Newsom c’è, ma il rischio è che sia ancora una volta la destra – compatta, determinata e legata alla pancia del Paese – a dominare il campo.