NATO e UE, rapporto su difesa e sicurezza
16 Giu 2025 - Approfondimenti Politici
Mentre gli Stati Uniti arretrano e chiedono più responsabilità all’UE, Bruxelles è chiamata a definire una strategia autonoma di difesa e sicurezza, mettendo a sistema risorse, tecnologie e volontà politica. L’Italia al centro del Mediterraneo gioca un ruolo chiave.

Domande cruciali sulla sicurezza
Oggi, cosa significa difesa? Cosa intendiamo con sicurezza? Da cosa e da chi ci si deve difendere?
Queste domande, non sono di semplice risposta. Facciamo un passo indietro. Analizziamo il contesto.
Il contesto geopolitico attuale: l’arretramento degli Stati Uniti
Il contesto, vede gli storici alleati, i padri fondatori della NATO: gli Stati Uniti d’America, vivere un momento di difficoltà intrinseca ed estrinseca. Partiamo dall’affrontare la dimensione interna. L’America, fronteggia complicazioni sociali importanti: manca coesione nel popolo, le discriminazioni razziali tornano quotidianità e il livello medio di ignoranza cresce a dismisura. Esternamente, invece, la bilancia dei pagamenti degli USA sconta alto indebitamento con l’estero. Soprattutto la Cina, è detentrice della quota maggiore di debito pubblico statunitense; questo, è sinonimo di vulnerabilità economica. Filiere industriali delocalizzate, produzione assente, importazioni alle stelle, primato tecnologico in discussione, alto tasso di debito (esterno e interno), tutto questo porta gli Stati Uniti d’America a compiere uno step back sullo scacchiere delle alleanze internazionali ed ecco che slogan come: “America First” imperversano per i media. Aggiungiamo poi le tensioni con il Messico e la rivalità con il Far East. Davanti a tale contesto, preservare la sicurezza altrui sostenendo ingenti investimenti militari conto terzi perde di priorità per gli Yankees. Cara Europa, nobile unione, l’infanzia è finita: è giunto il momento di crescere, è arrivato il tempo di badare a se stessi e di sapersi difendere in sicurezza.
Difesa e sicurezza: concetti indissolubili
Difesa, significa esser in grado di proteggere i propri confini territoriali; difesa, significa contrastare un’offesa, sia essa virtuale o reale: per mari, per cieli, per terra o per bit nel web; difesa, significa disporre di tecnologie avanzate, moderne, non solo in termini di armamenti, ma anche a livello informatico; difesa, significa esser capaci di tutelare il proprio popolo, la continuità della sua cultura e dei suoi valori, oltreché di asset strategici quali: infrastrutture di trasporto, centrali elettriche, acquedotti, ospedali, reti di comunicazione, snodi logistici e industrie chiave. Va da sé che il vacillar di uno degli elementi comporti sicurezza insufficiente e inaccettabile. Difesa e sicurezza sono quindi un connubio indissolubile, la certezza dell’una, è la solidità dell’altra.
L’Europa è pronta a difendersi da sola?
L’Unione Europea oggi, come affronta questo tema? Ogni paese fa da sé? Siamo in grado di definire degli obiettivi comuni attorno al concetto di difesa? Sappiamo stilare un piano d’investimento europeo e un programma operativo di attuazione del da farsi a livello comunitario, con scadenze precise? In altri termini: riusciamo a far cordata su un fronte così importante? Forse sì, forse no.
Attorno a noi Europa, la guerra tra Ucraina e Russia prosegue, il Medio Oriente non cessa di mostrarsi pressante e ostile a causa del protrarsi del conflitto israeliano-iraniano-palestinese, dal nord Africa continuano ad arrivare migranti e, ultimo ma non meno importante, rinascon tensioni interne da storici rancori nella regione del Kosovo.
Un punto nave per la difesa europea
Per iniziare a parlare di difesa e sicurezza comuni, occorre definire un punto nave.
Dove siamo? Ci riteniamo davvero unione in materia di difesa? Di che tecnologie dispone il singolo paese, queste si posson metter a fattor comune con le altre nazioni? Che know how può esser condiviso dai paesi UE in materia di sicurezza? Dobbiam definir lo status quo per superarlo assieme con un piano d’azione unico.
Per non perder tempo, per muoversi insieme, i ministri della difesa dei diversi paesi membri, presa debita coscienza della propria capacità come nazione, devon sedersi a un tavolo comune con ascolto e visione. Pensar una difesa comune è chiave di volta per ridar animo, energia, fondi e capacità di far unione. L’occasione non va persa, che si definiscano: piano, programma e agenda comune sul tema: i termini per farcela ci sono. Stabilire un programma operativo che definisca al verificarsi di determinati scenari geopolitici gli interventi di ciascun paese, è fondamentale. Lo si sta facendo? Proviamo a stilare uno stato dell’arte, tracciamo il punto nave: dove siamo?
Stato dell’arte: verso una vera autonomia europea
La volontà di lasciar più autonomia all’Europa, non è dunque solo un pensiero. Senza far venir meno la possibilità per l’UE di acquistare armi d’ultima generazione americane, gli USA stanno addirittura ipotizzando, nel medio termine, di lasciare il comando supremo NATO a un comandante europeo, mantenendo semplicemente un loro contingente di truppe sul continente.
Quel che vien chiesto oggi dal Far West, è una maggior responsabilizzazione europea, tradotta in un’equa divisione dei compiti operativi da svolgere. A dimostrazione della consistenza di questa visione, ecco la conferma: negli ultimi cinque anni, USA e Canada hanno costantemente diminuito il loro contributo economico devoluto alla NATO, passando dal 28,5% a poco più del 20%.
L’Europa si attrezza: agenzie, fondi e strumenti
L’Unione Europea, percependo il venir meno del supporto d’oltreoceano, non è però rimasta a guardare. È stata consolidata la Common Security and Defence Policy con il tentativo, tramite agenzie quali la European Defence Agency, di innalzare sia il livello di cooperazione, che la capacità di sviluppo di piani e programmi attuativi tra i paesi membri. Per passare dal piano all’azione, è stata creata la Coordinated Annual Review on Defence, che si pone il fine di favorire la sincronizzazione della traduzione dei diversi piani di difesa in ogni nazione. È stato poi istituito l’ente Permanent Structured Cooperation che, nel suo perimetro, punta a migliorare la prontezza operativa dei contributi delle forze armate di ciascun paese nell’ambito degli interventi comunitari designati. Alla base, a livello finanziario, risponde lo European Defence Fund che traduce il Capability Development Plan. L’obiettivo, riducendosi il contributo economico dal Far West, è far raggiungere a 18 Paesi UE su 32, una spesa per la difesa pari almeno alla soglia del 2% del loro PIL e confermare le tipologie di: tecnologie, equipaggiamenti, addestramenti e armamenti ottimi minimi di cui ciascuno stato debba dotarsi. La macchina europea burocratico, amministrativo finanziaria e gestionale pro difesa dunque c’è. Ma dietro questo assetto, esiste una sostanza sul campo? Andiamo a vederlo.
Verso una difesa industriale comune
Oltre alla prosecuzione di missioni civili e militari prettamente di: mantenimento della pace, prevenzione di conflitti, aiuto umanitario e protezione dei diritti umani, l’Unione Europea, nella sua strategia globale per politica estera e sicurezza, ha delineato la necessità di creazione di una filiera industriale che metta a disposizione degli stati membri le risorse belliche. Nasce perciò lo European Defence Industrial Plan, con a disposizione i primi 1,5 miliardi di euro per operare nel periodo 2025-2027. Noto questo, dove deve concentrarsi l’Unione Europea oggi in materia di difesa e sicurezza?
Le vere priorità strategiche
La priorità del momento, non è la creazione di un esercito comune, ma omogenizzare la capacità d’azione delle forze armate dei singoli paesi, di modo che, nelle missioni congiunte a carattere europeo, i contingenti riescano a lavorare sinergicamente, con efficacia ed efficienza. Accanto alla minaccia della Russia sul fianco orientale, serve maggior cooperazione verso l’instabilità nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Di conseguenza, il Mediterraneo assume ancor più una dimensione significativa. E in tutto questo, cosa è chiesto all’Italia?
Il ruolo dell’Italia: Mediterraneo e cooperazione
Essendo il Mare Nostrum il fulcro di quanto indicato sopra, i paesi maggiormente interessati al rafforzamento di queste aree, sono quelli che vi si affacciano, soprattutto: Italia e Spagna. Siamo perciò in prima linea. Durante la conferenza stampa svoltasi a margine dell’ultimo summit della NATO a Vilnius, è sorto l’importante spunto di massimizzare intelligence e diplomazia con quei partner zonali aderenti sia al Dialogo Mediterraneo (Algeria, Egitto, Giordania, Israele, Marocco e Tunisia), che all’Iniziativa per la cooperazione di Istanbul (Bahrein, Kuwait, Emirati Arabi Uniti e Qatar). L’Italia, in questo, ha chiaramente un ruolo chiave e, con la sua Marina Militare e la sua capacità diplomatica, può determinare un’ottima dimensione di sicurezza a beneficio di tutta l’Unione.
Bibliografia
- Limes, Rivista Italiana di Geopolitica, pubblicazione: “Le Chiavi del Mondo”.
- ISPI, pubblicazione: “Europa: quanto costa difenderla?”
- AnalisiDifesa, M. Boni: “Gli Stati Uniti e il dibattito sull’autonomia strategica dell’Europa”.