Una vittoria netta
In Moldova il Partito Azione e Solidarietà di Maia Sandu ha ottenuto oltre il 50% dei consensi, conquistando una maggioranza assoluta in Parlamento. Una vittoria netta, limpida, che sancisce un rafforzamento della linea europeista del Paese e che non lascia spazio a dubbi sull’esito elettorale. Nessuno può mettere in discussione che il popolo moldavo si sia espresso con chiarezza, scegliendo la via dell’integrazione europea e ridimensionando in maniera significativa le ambizioni dei filorussi guidati da Igor Dodon.
Lo scandalo della narrazione
Il punto non è se ci siano stati brogli, perché per noi è evidente che non ce ne siano stati. Lo scandalo sta piuttosto nel modo in cui i media e le istituzioni occidentali raccontano queste elezioni. Se avessero vinto i filorussi, la reazione sarebbe stata immediata: titoli su presunti condizionamenti del Cremlino, accuse di manipolazione, richieste di commissioni internazionali. Eppure, oggi che ha vinto una forza filo-europea, nessuno osa nemmeno porsi la domanda. Lo stesso voto che viene celebrato come trasparente e democratico lo sarebbe stato anche se a prevalere fosse stata la parte opposta. La differenza sta nella narrazione: ciò che conviene all’Europa viene presentato come limpido, ciò che non conviene diventa subito sospetto.
Un Paese in bilico
La Moldova resta un terreno fragile, sospesa tra due mondi. Il successo del partito di Sandu è indiscutibile e segna un passaggio politico importante, ma non cancella le profonde divisioni interne e le tensioni con la Russia. Le polemiche sulle difficoltà al voto dei moldavi residenti a Mosca, così come gli arresti alla vigilia del voto per presunti complotti filorussi, non hanno intaccato l’esito finale, ma mostrano il clima di contrapposizione che attraversa il Paese.
Il nodo della libertà
E allora la vera domanda non riguarda la legittimità del risultato, quanto la libertà di informazione e la capacità dell’Europa di ammettere che la democrazia vale sempre, anche quando il popolo vota in una direzione scomoda. Perché il punto non è la Moldova: il punto è che chi controlla la narrazione mediatica finisce per controllare anche l’idea stessa di libertà.