Il paradosso milanese
Il Comune di Milano, guidato da Beppe Sala, ha avviato una procedura di sfratto nei confronti del Museo Leonardo3, situato in Galleria Vittorio Emanuele II, accusandolo di “sub-concessione non autorizzata” degli spazi. Il museo, che da anni valorizza l’opera di Leonardo da Vinci con tecnologie avanzate e progetti educativi internazionali, non riceve fondi pubblici e rappresenta una delle esperienze culturali più visitate di Milano. Eppure, l’amministrazione comunale pare intenzionata a chiuderne le porte.
Nel contempo, lo stesso Comune si è “fatto in quattro” per garantire al centro sociale Leoncavallo — protagonista storico di occupazioni e conflitti con le autorità — la possibilità di ottenere un nuovo spazio comunale attraverso un bando “su misura”. Le linee guida per la concessione di una nuova sede, addirittura fino a 90 anni di diritto di superficie, sono state approvate dalla giunta senza esitazioni.
Due pesi e due misure
Sembra che a Milano la legalità sia un concetto elastico: inflessibile con chi produce cultura, tollerante con chi vive ai margini della legge. Da una parte un museo regolare, pagante, rispettoso delle norme, dall’altra un centro sociale che per decenni ha operato in spazi occupati. La giunta Sala applica il rigore solo dove conviene: contro chi rappresenta la Milano produttiva, creativa e privata, ma non contro chi incarna un certo mondo ideologico di riferimento della sinistra.
È il simbolo perfetto della doppia morale amministrativa: un progressismo di facciata che difende le “alternative” e punisce l’eccellenza, un Comune che dimentica la sostanza per rifugiarsi nei formalismi.
La voce del museo e il silenzio del Comune
I responsabili del Museo Leonardo3 denunciano da mesi la totale mancanza di interlocuzione da parte dell’amministrazione comunale. Nessuna proposta di mediazione, nessuna proroga, solo un muro di burocrazia. Eppure, il museo rappresenta un polo di attrazione turistica e scientifica, con ricostruzioni tridimensionali uniche e mostre visitate da centinaia di migliaia di persone.
Il Comune, invece, sembra più interessato a un atto di forza politico che a tutelare un’eccellenza culturale milanese. In altre parole, la “Milano internazionale” di Sala finisce per penalizzare ciò che la rende davvero tale.
Un messaggio politico chiaro
L’attacco a Leonardo3 non è solo un atto amministrativo, è un messaggio politico: chi non appartiene alla cerchia ideologica dominante non trova protezione, neppure se contribuisce in modo esemplare alla città. Allo stesso tempo, il Leoncavallo — per decenni simbolo dell’illegalità — viene accompagnato verso una nuova sede, con agevolazioni e benevolenza. È il riflesso di una visione rovesciata della cultura: non quella del merito e della creatività, ma quella dell’appartenenza e della militanza.
Una città che merita di meglio
Milano merita una guida che difenda chi produce valore e non chi vive di rendite ideologiche. La giunta Sala dovrebbe sospendere immediatamente lo sfratto al Museo Leonardo3 e aprire un tavolo di confronto pubblico, chiarendo una volta per tutte perché la cultura viene trattata peggio dei centri sociali. L’alternativa è una città in cui la burocrazia schiaccia la bellezza, e la politica premia il disordine. E questo, per la Milano che lavora e crea, è semplicemente inaccettabile.
Fonti
Cultura Identità Il Sole 24 Ore – Blog Nicola Dante Basile Corriere della Sera ANSA WikiMilano Milano Città Stato