Meloni-Macron: incontro tra potenze mediterranee sotto la pressione di una UE in crisi d’identità
4 Giu 2025 - Europa

Una tregua strategica sotto l’ombra del Quirinale
L’incontro bilaterale tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron, tenutosi il 3 giugno a Palazzo Chigi, va letto ben oltre i sorrisi e le strette di mano. Non è stato un vertice d’intesa politica quanto una tregua geopolitica tra due visioni opposte d’Europa e di sovranità nazionale. Roma e Parigi condividono interessi comuni, ma divergono su tutto: dalle politiche migratorie alla visione dell’industria, dal ruolo della difesa europea al rapporto con gli Stati Uniti.
Non è un caso che la premier italiana abbia accolto Macron con grande rispetto istituzionale, pur avendo subito negli ultimi due anni attacchi politici (diretti e indiretti) da parte dell’Eliseo, specialmente in occasione delle elezioni italiane e sulle politiche migratorie. La cornice scelta – Palazzo Chigi, sede del governo – rafforza la posizione italiana come interlocutore autonomo e paritario, non subordinato all’asse franco-tedesco in crisi.
Il Trattato del Quirinale come campo di battaglia
La cornice dell’incontro è quella del Trattato del Quirinale, firmato nel 2021 con l’obiettivo di intensificare i rapporti strategici tra Roma e Parigi. Ma mentre la Francia spinge per un’accelerazione di una sovranità europea a trazione franco-tedesca, Meloni ha più volte difeso un approccio confederale: alleanze sì, ma non a scapito della sovranità nazionale.
Il comunicato congiunto parla di “competitività”, “neutralità tecnologica”, “rafforzamento dell’industria della difesa” e “Europa più sovrana”. Ma tra le righe si legge un linguaggio diplomatico che nasconde tensioni mai sopite, in particolare sulla gestione migratoria e sulla definizione di “sovranità strategica”: per Meloni significa difendere l’interesse nazionale, per Macron spesso significa assecondare le ambizioni geopolitiche francesi in Africa e nel Mediterraneo.
Difesa e Ucraina: convergenza tattica, divergenza strategica
Sull’Ucraina e sulla difesa comune europea, Meloni e Macron hanno trovato una convergenza di facciata. Entrambi chiedono maggiori investimenti industriali, meno burocrazia UE e una vera autonomia militare europea. Ma anche qui le differenze sono sostanziali.
Parigi mira a rafforzare la propria leadership industriale (Dassault, Thales, Naval Group) e militare in Europa, proponendo un’architettura difensiva sotto l’egida francese. Meloni, pur non rinnegando l’alleanza atlantica e sostenendo Kiev, è più vicina alla linea industriale tedesca sulla produzione congiunta e, soprattutto, mantiene un dialogo privilegiato con Washington e Londra.
Migranti e Africa: il grande nodo irrisolto
L’altro grande tema affrontato è stato quello migratorio. In pubblico, i due leader hanno parlato della necessità di un “approccio strutturale” e “cooperazione nei Paesi di origine”, ma in privato – secondo fonti diplomatiche – lo scontro è stato diretto.
Meloni ha ricordato come l’Italia abbia avviato una politica estera attiva nel Mediterraneo allargato (dall’Albania al Niger), mentre la Francia – dopo il fallimento in Libia e il ritiro dal Sahel – ha lasciato un vuoto strategico che ha favorito destabilizzazione, traffici umani e ingerenze turche e russe. L’Italia, oggi, si candida a guidare una nuova strategia mediterranea che esclude la logica neocoloniale e punta su partenariati reali.
Industria e sovranità tecnologica: Italia più pragmatica
Meloni ha proposto un’agenda industriale europea meno ideologica: meno vincoli ambientali imposti dall’alto, più investimenti in tecnologie strategiche (nucleare, intelligenza artificiale, chip). Macron, fedele all’approccio centralista francese e alle politiche ecologiste europee, ha mostrato aperture, ma senza abbandonare l’impostazione “green” a trazione franco-tedesca che penalizza la manifattura italiana.
L’Italia si presenta oggi come un ponte tra Est e Ovest, tra Nord e Sud Europa, pronta a ridefinire le priorità dell’Unione: meno ideologia, più lavoro e sicurezza.
Le reazioni della stampa internazionale: tra diplomazia e sospetti
La stampa internazionale ha accolto con interesse, ma anche con un certo scetticismo, l’incontro tra Meloni e Macron. Il quotidiano francese Le Figaro ha parlato di “riavvicinamento tattico”, sottolineando come le divergenze strutturali restino profonde, soprattutto sulle politiche migratorie e sull’approccio alle regole europee. Le Monde, invece, ha dato rilievo alla “strategia mediterranea di Meloni”, evidenziando come l’Italia stia diventando un attore centrale nel quadrante Sud dell’Europa, anche a scapito dell’influenza francese.
In ambito anglosassone, Politico Europe ha sottolineato il “linguaggio calibrato” del comunicato congiunto, definendolo un esempio da manuale di diplomazia prudente: molto lessico comune, ma poche soluzioni concrete. L’impressione generale è che si tratti più di una tregua geopolitica temporanea che di una vera alleanza strategica.
Persino El País e Der Spiegel hanno rimarcato la crescente centralità italiana, vista da molti osservatori come una risposta alla stagnazione dell’asse franco-tedesco. Meloni, secondo diverse analisi, si muove oggi con più agilità di Macron nello scacchiere europeo, soprattutto grazie alla sua capacità di mediazione tra Est e Ovest, ma anche per il suo pragmatismo nei rapporti con gli USA di Trump.
Macron e la destra europea: tra strategia e diffidenza
Un elemento ricorrente nei commenti della stampa francese riguarda la posizione di Emmanuel Macron nei confronti della destra europea, in particolare quella rappresentata da Giorgia Meloni. Le Figaro, in un’analisi firmata da Isabelle Lasserre, evidenzia come il presidente francese abbia ormai compreso che ignorare o demonizzare i leader conservatori non è più una strategia efficace: “Meloni è saldamente alla guida del suo Paese, dialoga con tutti e difende interessi nazionali con disciplina istituzionale. Macron ne ha preso atto.”
Le Monde, seppur con toni più critici, ammette che Meloni rappresenta oggi una destra “presentabile”, ma avverte: “dietro la cortesia romana si cela una visione opposta a quella progressista e federalista dell’Eliseo.” Viene messo in rilievo il fatto che Meloni sia diventata un punto di riferimento anche per altri governi conservatori dell’Est Europa, e che il suo legame pragmatico con il nuovo presidente americano Donald Trump rafforza la sua proiezione geopolitica.
Un equilibrio precario
L’incontro del 3 giugno non è stato un vero riavvicinamento, ma un’esigenza tattica. Meloni ha confermato la centralità dell’Italia nei dossier europei e internazionali, Macron ha cercato di riconquistare margine dopo l’isolamento in politica estera e i problemi interni.
Ma sul tavolo restano divergenze profonde. La Francia guarda a una UE centralizzata, l’Italia a un’Europa delle Nazioni. Per questo il vertice va letto come una mossa geopolitica necessaria, ma non risolutiva, tra due Paesi chiamati a cooperare senza rinunciare alla propria visione strategica.