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Macron telefona a Putin dopo due anni: ricerca della pace o del palcoscenico personale?

2 Lug 2025 - Europa

Colloquio fiume tra il presidente francese e il leader del Cremlino. Macron prova a rientrare nel dossier ucraino ma appare più preoccupato di ritagliarsi un ruolo che di cambiare davvero le sorti del conflitto.

Macron telefona a Putin dopo due anni: ricerca della pace o del palcoscenico personale?

Il ritorno tardivo del presidente dimenticato

Dopo oltre due anni di silenzio, Emmanuel Macron e Vladimir Putin si sono parlati al telefono per oltre due ore, martedì 1° luglio. Un evento che molti definirebbero “storico”, se non fosse il frutto evidente della disperata ricerca del presidente francese di tornare sotto i riflettori internazionali. Mentre gli equilibri geopolitici si stanno ridisegnando attorno all’attivismo degli Stati Uniti guidati da Donald Trump e al riavvicinamento tra Russia e altri attori europei, Macron – con popolarità ai minimi storici in patria e un Paese attraversato da tensioni sociali – tenta faticosamente di ricostruirsi un ruolo.

Il colloquio, avvenuto in un clima radicalmente mutato rispetto all’ultima chiamata del 2022, non nasce da una posizione di forza, ma piuttosto dall’esigenza francese di non restare tagliata fuori da un tavolo negoziale che si sta sempre più polarizzando attorno agli attori realmente determinanti. Il protagonismo di Macron suona fuori tempo massimo e privo di concretezza.

L’Eliseo e la retorica consunta: sostegno a Kiev, appelli alla pace

Nel resoconto francese, l’Eliseo prova a tenere il punto ribadendo “l’incrollabile sostegno alla sovranità ucraina” e chiedendo un “cessate il fuoco” con l’avvio di negoziati. Ma dietro le parole, si nasconde un’ambiguità costante: la Francia è tra i Paesi che più hanno contribuito all’escalation bellica con forniture di armi e dichiarazioni provocatorie – come l’ipotesi, poi smentita, dell’invio di truppe occidentali.

L’uscita mediatica della presidenza francese sembra più funzionale a creare l’illusione di una centralità diplomatica perduta, che non a incidere realmente sulle dinamiche del conflitto. Nella realtà, Parigi è stata sistematicamente aggirata tanto da Mosca quanto da Kiev, mentre la guida politica dell’Europa è stata de facto ceduta a Berlino, e quella strategica a Washington.

La posizione russa: accuse all’Occidente e richiesta di realismo

Diversa, e molto più solida, la posizione del Cremlino. Putin ha attribuito la responsabilità del conflitto alle potenze occidentali, ree di aver ignorato per anni le esigenze di sicurezza della Russia e di aver costruito in Ucraina una testa di ponte anti-russa. Inoltre, ha denunciato la politica occidentale di alimentare artificialmente il conflitto, rifornendo Kiev di armi moderne che ne prolungano l’agonia.

Ma, a differenza della retorica parigina, Putin ha offerto un quadro strategico coerente per una possibile uscita dal conflitto: pace sì, ma fondata sul riconoscimento delle “nuove realtà territoriali”, sull’eliminazione delle cause profonde e su un’intesa globale e duratura. Una posizione realista, che tiene conto del mutato equilibrio sul terreno – e che implicitamente chiede all’Occidente di smettere di recitare e cominciare a negoziare.

Il fallimento francese e l’illusione del “grande ritorno”

Il tentativo di Macron di rientrare nel dialogo con Mosca non nasce da una visione strategica, ma da una debolezza strutturale. L’Eliseo è ormai percepito come una potenza diplomatica in declino, priva di influenza reale sia nei dossier europei sia in quelli extra-europei. Macron, sempre più isolato sul fronte interno e incapace di affrontare il malcontento sociale francese, cerca rifugio nella diplomazia internazionale come fosse un palcoscenico teatrale dove recitare la parte dello statista globale.

Ma l’effetto è opposto: la telefonata con Putin appare più come una concessione del Cremlino a un leader marginale, che come un gesto tra pari. In un contesto in cui il destino della pace passa sempre più da Washington, Ankara, Pechino e da una possibile triangolazione con Budapest e Bratislava, la Francia rimane ai margini.

Un Macron smarrito in un mondo che cambia

Il contatto con Putin rappresenta dunque, più che una svolta, una fotografia della marginalità francese. Mentre i nuovi equilibri internazionali si definiscono senza la Francia, Macron si ostina a inseguire la sua immagine nello specchio rotto della grandeur, incapace di accettare che l’Europa di oggi non sia più quella dell’asse Parigi-Berlino, ma quella delle realtà pragmatiche e delle forze emergenti.

In un mondo che corre veloce, Emmanuel Macron resta fermo, intento a costruire narrazioni che non convincono più né all’estero, né – soprattutto – in patria.

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Articolo scritto da:
Antonio Antipari

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