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Los Angeles le cause della rivolta

9 Giu 2025 - USA

Le operazioni anti-immigrazione illegale accendono la protesta a Los Angeles. Trump: “Difendiamo l’ordine e i cittadini onesti”. Newsom si oppone, ma la Casa Bianca non arretra.

Los Angeles le cause della rivolta

La miccia: i raid contro l’immigrazione illegale

Le recenti rivolte a Los Angeles non sono esplose per caso, ma come reazione preordinata da parte di ambienti radicalizzati che si oppongono all’applicazione delle leggi sull’immigrazione. La scintilla è stata un’importante operazione condotta da ICE, l’agenzia federale per il controllo dell’immigrazione, che ha arrestato circa 120 persone in una settimana, colpendo in particolare luoghi notoriamente al centro di traffici irregolari di manodopera, come magazzini tessili e grandi centri di distribuzione.

Le operazioni sono parte di un più ampio sforzo voluto dall’amministrazione Trump per ristabilire l’ordine e riportare legalità in città in cui per anni è stata di fatto tollerata la presenza massiccia di immigrati clandestini. In particolare, le autorità federali hanno sottolineato che molti degli arrestati avevano precedenti penali e legami con gang criminali locali, spesso transnazionali.

Una reazione ideologica contro lo Stato di diritto

La reazione violenta di alcuni gruppi organizzati che si oppongono ai controlli federali ha messo in luce un clima ostile all’applicazione stessa della legge. La narrazione di “razzismo sistemico” e “persecuzione degli immigrati” è stata immediatamente rilanciata da attivisti di sinistra e dalla stampa progressista, distorcendo completamente i fatti.

Il vero tema, infatti, è la tenuta dello Stato di diritto: se una città come Los Angeles, dove milioni di cittadini vivono e lavorano rispettando le regole, diventa ostaggio di frange ideologiche che si oppongono alla semplice applicazione delle norme federali sull’immigrazione, allora è chiaro che il problema non è l’ordine pubblico, ma la delegittimazione delle istituzioni.

Trump: “Difendiamo l’America che lavora e rispetta le leggi”

Il presidente Donald Trump ha difeso l’operazione parlando di “una svolta necessaria” per “garantire un ordine pubblico molto rigoroso” e ha dichiarato che episodi di violenza da parte dei manifestanti “non saranno lasciati passare lisci”. La sua posizione è chiara: non si tratta di una repressione indiscriminata, ma della riaffermazione dei principi fondamentali di ogni democrazia: rispetto della legge e sicurezza dei cittadini.

Nel corso delle dichiarazioni alla stampa, Trump ha lasciato intendere che si sta valutando anche il possibile utilizzo dell’Insurrection Act, nel caso in cui le autorità locali non fossero in grado di garantire la stabilità. Un’opzione estrema, ma resa necessaria da una situazione che si sta deteriorando a causa dell’inerzia di amministratori locali spesso più preoccupati di compiacere le piazze che di tutelare i residenti onesti.

Le responsabilità del governatore Newsom e dell’amministrazione californiana

Invece di collaborare con le autorità federali, il governatore democratico Gavin Newsom ha attaccato duramente la Casa Bianca, accusandola di “militarizzazione” e “abuso di potere”. Si tratta di un copione già visto: amministrazioni locali che rivendicano la propria “autonomia” solo quando si tratta di non applicare le leggi statali o federali in materia di immigrazione.

In realtà, l’intervento della Guardia Nazionale — già avvenuto in passato anche sotto presidenze democratiche — è stato giustificato dal deteriorarsi della situazione sul campo, aggravata proprio dall’inerzia degli amministratori locali.

Una questione di sicurezza nazionale

Non si può ignorare che la presenza massiccia di immigrati clandestini rappresenti anche una vulnerabilità per la sicurezza interna degli Stati Uniti. Non è solo un problema economico o culturale, ma anche strategico: l’intelligence federale ha già avvertito che alcune cellule criminali e potenzialmente terroristiche potrebbero infiltrarsi in questi circuiti. La presenza di soggetti non identificati e non registrati sul territorio nazionale è un rischio che nessun Paese serio può permettersi.

Il vero dibattito da affrontare, dunque, è se gli Stati Uniti vogliano rimanere una nazione sovrana che controlla i propri confini, oppure se vogliano cedere al caos alimentato da una certa ideologia “no borders” che, di fatto, mina l’identità americana e la coesione sociale.

L’America ha bisogno di ordine, non di ideologia

Le rivolte a Los Angeles non sono nate da una discriminazione, ma da una reazione ideologica all’applicazione della legge. L’amministrazione Trump ha scelto di agire per difendere i cittadini onesti, i lavoratori regolari e il principio di legalità. Di fronte a un clima in cui i confini sembrano diventare un’opinione e le regole un optional, riaffermare l’autorità dello Stato è un dovere.

Il messaggio che arriva da Washington è chiaro: la sicurezza non si negozia, l’identità americana non è in vendita, e chi sfida l’ordine democratico troverà una risposta ferma.

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