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L’attacco a Teheran: difesa dalla bomba o rifiuto di una visione del mondo?

22 Giu 2025 - Approfondimenti Politici

L’attacco israeliano è già partito. Ora si attende il colpo finale, magari con l’ingresso diretto degli Stati Uniti. Ma dietro la retorica sul nucleare iraniano si cela un progetto più ambizioso: abbattere un sistema politico e spirituale che l’Occidente non può controllare.

L’attacco a Teheran: difesa dalla bomba o rifiuto di una visione del mondo?

Dall’invasione dell’Iraq all’Iran: il copione è lo stesso

Nel 2003 l’Occidente trascinava il mondo in guerra contro Saddam Hussein. Il pretesto erano le famigerate armi di distruzione di massa, mai trovate. Oggi, vent’anni dopo, la storia si ripete con nuove coordinate, ma con lo stesso schema: il bersaglio è l’Iran, l’accusa è nucleare, e il nemico – stavolta dichiarato – è il potere degli ayatollah.

L’attacco è già cominciato. Israele ha colpito. Con precisione chirurgica ha fatto saltare siti strategici, ha mirato alla catena del potere militare e tecnologico iraniano. Ora si attende solo il via libera per l’ultima fase: un attacco diretto e risolutivo, possibilmente con la partecipazione attiva degli Stati Uniti. L’obiettivo è palese: eliminare il potere costituito in Iran, distruggere il sistema teocratico, e favorire l’ascesa di un governo più gestibile, più malleabile, più “accettabile” agli occhi dell’Occidente.

Uranio al 60%: un fatto reale, ma basta per una guerra?

Il 60% di arricchimento dell’uranio, certificato dalla stessa AIEA, è un dato oggettivo. Non è come le armi di Saddam inventate dalla CIA. Ma è sufficiente per parlare di “minaccia esistenziale”? Per usi civili, l’uranio si arricchisce al 3-5%. La soglia del 90% serve per un ordigno. L’Iran non l’ha ancora superata, ma l’ha avvicinata.

Israele e i suoi alleati lo leggono come un’intenzione militare. Ma l’Iran potrebbe semplicemente mostrare i muscoli per ottenere rispetto e deterrenza. Come ogni potenza assediata, agisce in funzione difensiva. E forse, a ben vedere, questa è la vera colpa di Teheran: non essere rimasta in ginocchio.

Una civiltà che resiste

L’Iran non è un regime improvvisato. È un sistema statale solido, con una visione del mondo strutturata e radicata. Una civiltà che ha 2500 anni di storia e una scuola diplomatica raffinata, che l’Occidente continua a sottovalutare. Non è solo una repubblica islamica. È un progetto politico che fonde Stato e religione, spiritualità e strategia geopolitica. E che, proprio per questo, rappresenta un’anomalia intollerabile.

Il doppio standard occidentale

L’Occidente ama indignarsi per la condizione delle donne in Iran. E ha ragione: l’imposizione del velo, persino con la violenza, è una realtà che non si può nascondere. I diritti degli omosessuali, come in gran parte del mondo musulmano, non sono riconosciuti. Ma siamo proprio sicuri che la libertà si misuri con la possibilità di sfilare in mutande a un gay pride? È davvero questo il metro della civiltà?

L’Occidente ha scelto un’idea di libertà che confonde emancipazione con sradicamento, progresso con dissoluzione, diritti con capricci. Chi rifiuta questo modello viene bollato come “arretrato”. Ma non sarà che ciò che davvero infastidisce è una visione del mondo altra, che mette al centro il sacro, la comunità, la continuità storica?

Il vero obiettivo: distruggere un modello

L’attacco militare è già partito. Ora si punta al cuore politico e simbolico dell’Iran: la Repubblica Islamica. Dietro la retorica sulla bomba c’è un piano molto più ambizioso: cancellare un modello di potere che non si piega, che non si vende, che non tradisce sé stesso. E sostituirlo con un governo che firmi qualsiasi accordo, apra i porti al commercio globale, si adegui all’economia del consumo e si lasci dettare la linea da Washington, Tel Aviv e Bruxelles.

La domanda finale

L’Iran ha mille difetti, e non va mitizzato. Ma ha anche una dignità che l’Occidente non riesce a tollerare. E allora, davanti a tutto questo, una domanda s’impone:

Perché una nazione come l’Iran non può essere libera? Perché è musulmana? O perché non vuole diventare come noi?

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Articolo scritto da:
Federico Galli

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