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La trama oscura della rete Soros: come Open Society lavora per dissolvere l’identità dell’Occidente

13 Giu 2025 - Approfondimenti Politici

Dietro la maschera filantropica della Open Society Foundation si nasconde un progetto sistemico di destabilizzazione: denaro, ONG e propaganda per frantumare i valori tradizionali, promuovere l’immigrazione incontrollata e cancellare le radici dei popoli europei.

La trama oscura della rete Soros: come Open Society lavora per dissolvere l’identità dell’Occidente

Un impero ideologico travestito da beneficenza

George Soros, miliardario ungherese naturalizzato americano, è noto al grande pubblico come “filantropo globale”. Ma dietro i finanziamenti a ONG, campagne mediatiche e progetti accademici, si cela una vera e propria ingegneria sociale, portata avanti con metodo e spregiudicatezza dalla sua Open Society Foundations (OSF), attiva in oltre 120 Paesi.

L’obiettivo? Un mondo senza confini, senza identità e senza sovranità. Un progetto che si propone di erodere gli apparati tradizionali dello Stato e le strutture culturali su cui si regge l’Occidente: famiglia, fede, nazione, confini, radici.

Lo schema d’azione: soldi, ONG e destabilizzazione

L’apparato messo in piedi da Soros è vasto e capillare. Attraverso la Open Society, finanzia migliaia di organizzazioni non governative impegnate in battaglie apparentemente “umanitarie” — dall’accoglienza indiscriminata dei migranti all’ideologia gender nelle scuole, passando per la liberalizzazione delle droghe e la distruzione del concetto stesso di frontiera.

Questi organismi sono spesso mascherati da “difensori dei diritti civili”, ma in realtà operano come veri e propri strumenti di disgregazione sociale. Il fine è promuovere un modello di società meticcia, fluida, dove ogni legame con la terra, la storia e la cultura d’origine venga percepito come un ostacolo da abbattere.

I complici interni: intellettuali, politici e media

Ma Soros non agisce da solo. In ogni Paese può contare su una fitta rete di complici: giornalisti, accademici, magistrati, politici, tutti accomunati da una visione ideologica cosmopolita e da un’alleanza strategica con le centrali progressiste globali.

Questi attori, spesso ben inseriti nelle istituzioni e nei circuiti culturali, si fanno promotori delle “battaglie” finanziate da Soros, con un linguaggio apparentemente pacato e umanitario. In realtà, contribuiscono a sradicare l’identità nazionale, criminalizzando chiunque difenda confini, tradizioni o sovranità.

Immigrazione e melting pot: l’arma principale

Il multiculturalismo forzato è uno degli strumenti più potenti della strategia sorosiana. Dietro le campagne per “salvare i migranti” si cela un obiettivo più ampio: sommergere i popoli europei con flussi migratori incontrollati, rendendo irrilevanti le culture autoctone e sostituendole con un’identità globale artificiale, slegata da qualsiasi radicamento.

Un’Europa meticcia e divisa, senza coesione e senza memoria, è perfetta per essere manipolata dalle élite finanziarie. Laddove le comunità si sfaldano, lo Stato si indebolisce. E in quel vuoto si impone un nuovo potere: quello dei tecnocrati e dei plutocrati globalisti.

Un progetto che va smascherato

È ora che l’opinione pubblica europea prenda coscienza della natura reale di questo progetto. La Open Society non è un’associazione benefica, ma un apparato ideologico-economico che lavora per una rivoluzione culturale su scala globale.

Solo riscoprendo le nostre radici, difendendo le nostre tradizioni e riaffermando la sovranità degli Stati nazionali, potremo fermare l’avanzata di chi sogna un mondo uniforme, sottomesso e privo di identità.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Articolo scritto da:
Federico Galli

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