Il ritorno della leadership occidentale
“Ci sono voluti tremila anni per arrivare fin qui.”
Con queste parole, Donald Trump ha chiuso la penna sul documento che potrebbe cambiare il destino del Medio Oriente. L’applauso che scuote la sala dell’International Conference Center di Sharm el-Sheikh non è solo protocollo diplomatico: è la consapevolezza che, per la prima volta dopo decenni di guerre, la pace non nasce da proclami ideologici, ma da una visione concreta, realista e basata sulla forza negoziale.
Sul palco, venti leader internazionali. Tra loro, Giorgia Meloni, accolta con rispetto e stima dal presidente americano. “Sta facendo un ottimo lavoro”, dice Trump, riconoscendole un ruolo di primo piano nella fase diplomatica che ha preceduto la firma. È un’immagine che racconta un mondo in cui l’Italia torna ad avere voce, e dove l’Occidente — quello autentico, guidato da leader forti e pragmatici — si riappropria del proprio ruolo.
Il “magic moment” di Donald Trump
Il vertice di Sharm el-Sheikh segna il culmine di quella che molti analisti definiscono la nuova dottrina Trump: una politica estera centrata sulla stabilità, sul rispetto reciproco e sulla difesa della civiltà occidentale.
Dopo la visita in Israele e il discorso alla Knesset, l’ex tycoon si è presentato in Egitto come garante della pace, e non più come mediatore di parte. Al suo fianco, i protagonisti della trattativa: il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, lo sceicco del Qatar Tamim Al Thani, e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Tutti consapevoli che senza la guida americana, nessuna pace sarebbe stata possibile.
“Questa è una giornata incredibile per il mondo,” ha dichiarato Trump, “una giornata incredibile per il Medio Oriente. Finalmente abbiamo ottenuto ciò che tutti dicevano fosse impossibile: la pace.”
Parole che riassumono il senso politico della sua presidenza: dove gli altri hanno fallito, lui ha imposto la realtà al posto dell’ideologia.
Trump ha poi ringraziato “le nazioni arabe e musulmane che hanno contribuito a rendere possibile questa svolta”, ricordando che “la terza guerra mondiale non scoppierà in Medio Oriente, e auspicabilmente non ci sarà mai”.
Meloni: “L’Italia farà la sua parte”
Giorgia Meloni, intervenendo dopo la firma, ha definito la giornata “storica”, ma ha ricordato che “il difficile comincia adesso”. L’Italia — ha detto — sarà presente nella Fase 2 di Gaza, quella della ricostruzione e del monitoraggio.
Roma parteciperà con aiuti umanitari, missioni mediche e progetti di cooperazione. La premier ha rilanciato l’iniziativa “Food for Gaza” e annunciato che i carabinieri italiani continueranno a formare la polizia palestinese a Gerico, “un segnale concreto di stabilità e di sicurezza in una regione che ha bisogno di istituzioni solide, non di nuove ideologie”.
Meloni ha inoltre espresso disponibilità ad aderire a una futura missione di stabilizzazione sotto mandato ONU, purché non di interposizione ma di monitoraggio, “perché la pace deve essere verificata, non imposta”.
È una linea coerente con la visione italiana: sostenere la pace senza sottomettersi a interessi di parte, e sempre in difesa della sovranità delle nazioni.
Il nuovo equilibrio del Medio Oriente
L’accordo di Sharm el-Sheikh, soprannominato Peace 2025, stabilisce un cessate il fuoco permanente tra Israele e Hamas, il rilascio degli ostaggi, la formazione di un governo provvisorio a Gaza e un piano di ricostruzione internazionale sotto supervisione egiziana e americana.
Per la prima volta, la parola “riconciliazione” sostituisce quella di “vendetta”. Non è un trattato di pace ideale, ma un patto di sopravvivenza, costruito su interessi concreti e mutuo riconoscimento.
L’assenza di Benjamin Netanyahu alla cerimonia — ufficialmente per la festività di Simchat Torah — non ha oscurato la portata dell’evento. Anzi, il gesto di Trump, che ha voluto comunque onorare il premier israeliano, testimonia la fermezza di una linea politica che mette al centro la pace attraverso la forza.
Presente invece Mahmoud Abbas, leader dell’Autorità Nazionale Palestinese, che ha stretto la mano al presidente americano sotto una pioggia di flash: un gesto che fino a un anno fa sarebbe stato impensabile.
La posizione italiana: realismo e cooperazione
Nel suo incontro con al-Sisi, Meloni ha ribadito la posizione italiana: “Serve un processo politico stabile verso la creazione di uno Stato palestinese indipendente, ma solo quando le condizioni di sicurezza saranno garantite”.
Un principio di realismo politico che la differenzia da chi, in Europa, preferisce predicare la pace astratta mentre finanzia il disordine.
L’Italia, invece, propone un modello concreto: ricostruzione, cooperazione e formazione istituzionale.
Meloni ha discusso anche dei progetti energetici legati al Piano Mattei, confermando il legame strategico tra Roma e Il Cairo, fondato su sicurezza, energia e controllo dei flussi migratori. È la prova che l’Italia, sotto la sua guida, non si limita più a osservare, ma partecipa da protagonista alla costruzione di una nuova architettura mediterranea.
Il ritorno della diplomazia dei popoli
L’immagine finale — Trump, Meloni e al-Sisi che lasciano insieme la sala — ha un valore che va oltre la diplomazia. È il segno di un nuovo asse di stabilità, dove gli Stati Uniti tornano a guidare l’ordine internazionale non con guerre o sanzioni, ma con accordi e autorità morale.
La sinistra globale aveva liquidato Trump come un populista inaffidabile. Oggi, è lui a firmare la pace che il progressismo internazionale non è mai riuscito neanche a immaginare.
La premier italiana, unica donna tra i leader del vertice, incarna il volto moderno e concreto dell’Europa che crede ancora nel dialogo tra nazioni sovrane e nella civiltà occidentale come faro di equilibrio.
Conclusione: la pace come vittoria della realtà
La giornata di Sharm el-Sheikh resterà nella storia non come il punto d’arrivo, ma come il momento in cui la realtà ha vinto sull’ideologia.
Donald Trump ha dimostrato che la pace non nasce dai laboratori delle ONG o dai salotti diplomatici, ma dalla forza, dal rispetto e dalla volontà di proteggere la propria civiltà.
E Giorgia Meloni, in quella sala piena di bandiere, ha rappresentato un’Italia finalmente presente, libera da complessi e capace di incidere.
Dopo tremila anni di guerre e illusioni, forse il Medio Oriente scopre che la pace — quella vera — comincia quando la politica torna a essere guidata dal coraggio.
Fonti
Reuters | The Guardian | Al Jazeera | Adnkronos | ANSA