La Hollywood woke si autodistrugge: Karla Sofía Gascón da icona a reietta
9 Feb 2025 - Approfondimenti Politici
Un film celebrato come simbolo dell’inclusività finisce nel tritacarne della cancel culture: Netflix e il regista scaricano la protagonista dopo vecchi tweet riemersi. Hollywood divora un’altra delle sue icone.

Quando il tribunale progressista trova una nuova vittima
La storia aveva tutti gli ingredienti giusti per un trionfo hollywoodiano: un film dal messaggio “giusto”, un’attrice transgender nel ruolo di una protagonista transgender, il plauso della critica e ben 13 nomination agli Oscar. E invece, ecco l’inevitabile colpo di scena: il tribunale woke ha emesso la sua sentenza.
Karla Sofía Gascón, fino a ieri simbolo di inclusività e progresso, oggi è l’ultima vittima della macchina infernale della cancel culture. Il motivo? Alcuni vecchi tweet, datati quattro o cinque anni fa, in cui l’attrice esprimeva opinioni poco lusinghiere su Islam, Cina, George Floyd e persino sugli stessi Oscar. Battute di cattivo gusto? Forse. Degne di un’esecuzione pubblica? Ma certo, perché nell’universo della sinistra radicale il passato non si cancella, ma si usa come arma per eliminare chiunque cada in fallo.
Hollywood scarica la sua icona progressista
Come da copione, il linciaggio è stato immediato. Netflix, fino a ieri orgoglioso promotore del film, ha fatto sparire Gascón da ogni campagna pubblicitaria e le ha negato i fondi per la promozione a Los Angeles. Il regista Jacques Audiard, che avrebbe dovuto difendere la sua protagonista, ha scelto di lavarsene le mani, liquidandola con una dichiarazione sprezzante: “Sta recitando la parte della vittima”.
Le ex colleghe si sono accodate con il consueto tempismo. Zoe Saldaña ha espresso “delusione” e “tristezza”, mentre Selena Gomez si è vista tirare in ballo per un tweet (forse falso) in cui Gascón l’avrebbe insultata. Ma il punto è chiaro: quando la ghigliottina woke cala, nessuno osa difendere il condannato.
La rivoluzione che divora se stessa
E così, in una manciata di giorni, la narrativa si è ribaltata. Da icona del nuovo femminismo intersezionale a reietta, senza possibilità di appello. Gascón si è scusata, ha provato a spiegarsi, ha perfino lasciato i social per proteggere la sua famiglia. Inutile. Quando parte il linciaggio, non c’è pentimento che tenga.
L’ennesima prova che il progressismo hollywoodiano è un boomerang impazzito: chi oggi è eroe, domani verrà sacrificato per mantenere in piedi la macchina della purezza ideologica. Peccato che il meccanismo, ormai, stia sfuggendo di mano. Chissà chi sarà il prossimo.