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La Chiesa verso il nuovo Conclave

23 Apr 2025 - Italia

La scomparsa di papa Francesco segna la fine di una fase straordinaria. Il Collegio cardinalizio si prepara a scegliere il successore, tra richiami alla Tradizione e istanze di continuità.

La Chiesa verso il nuovo Conclave

Casa Santa Marta si svuota: il tramonto di un’anomalia

Con la morte di papa Francesco, Casa Santa Marta torna a essere ciò che era prima della sua elezione: una semplice foresteria per cardinali in Conclave o ospiti del Vaticano. La chiusura dell’appartamento 201, da lui occupato per dodici anni in sfida alla tradizione millenaria dei Palazzi Apostolici, rappresenta molto più che un passaggio logistico. È il suggello a una stagione ecclesiale che ha volutamente confuso l’umiltà con la discontinuità, e la semplicità con lo svuotamento della solennità del papato.

Doppia rinuncia, doppia ferita alla Tradizione

Due anomalie hanno segnato il cattolicesimo contemporaneo: la clamorosa rinuncia di Benedetto XVI nel 2013 e l’abbandono della sede apostolica da parte del suo successore. La prima, un trauma ancora aperto; la seconda, una scelta ideologica che ha contribuito a desacralizzare la figura del Pontefice, trasformandolo più in un gestore politico che in un successore di Pietro. Ora, con entrambi i protagonisti usciti di scena, si apre finalmente una possibilità: quella di riportare il papato alla sua dignità tradizionale.

Il fallimento della “Chiesa in uscita”

L’epoca di Francesco è stata celebrata da certi ambienti mediatici come rivoluzionaria. Ma cosa ha lasciato davvero? Una Chiesa divisa, incapace di parlare con una sola voce, lacerata tra aperture dottrinali e reazioni perplesse o indignate. I “feriti” della sua linea – prelati, teologi, semplici fedeli – non sono integralisti nostalgici, ma uomini di Chiesa consapevoli del caos dottrinale e morale generato da una pastorale fatta di slogan, e priva di fondamento teologico.

Gli Stati Uniti e il tentativo di restaurazione dell’ordine

Nel vuoto lasciato da questo pontificato, l’episcopato statunitense – forte della sua indipendenza economica e del radicamento nella Tradizione – appare oggi tra i pochi capaci di proporre un’alternativa concreta. Il “Red Hat Report” del Napa Institute, benché datato, resta simbolo di una Chiesa che non ha rinunciato a vigilare sull’ortodossia e sull’integrità morale dei cardinali. E se anche alcuni sostenitori di Trump risultano poco digeribili per certe posizioni politiche, resta il fatto che il cattolicesimo americano rappresenta oggi un argine al relativismo ecclesiale.

Il Conclave che viene: restaurare senza paura

Chi succederà a Francesco dovrà fare scelte nette. Tornare nei Palazzi Apostolici non sarà un segno di restaurazione reazionaria, ma un atto necessario per ridare autorevolezza al pontificato. La simbologia conta, e un Papa che abita dove hanno abitato i suoi predecessori riafferma la continuità con la Tradizione, non una sterile nostalgia.

Chi sono i papabili: tra continuità e speranza di discontinuità

Le voci che circolano sul prossimo Conclave indicano nomi provenienti da contesti e sensibilità molto diverse. Sul fronte conservatore, spiccano figure come il cardinale Péter Erdő, primate d’Ungheria, uomo di dottrina solida e di discreta esperienza pastorale, e il cardinale Raymond Burke, benché da molti ritenuto troppo divisivo. Più realistiche le ipotesi che guardano a candidati capaci di unire rigore dottrinale e capacità diplomatica, come il cardinale Matteo Zuppi – gradito anche alla sinistra ecclesiale – o il cardinale Marc Ouellet, canadese, ex prefetto dei Vescovi, più vicino all’impostazione di Benedetto XVI. A sorpresa, alcuni guardano anche al cardinale Christoph Schönborn, che gode ancora di una certa reputazione tra i moderati. Ma resta un nodo irrisolto: i veri bergogliani non sembrano avere un successore designato, mentre i conservatori, pur desiderosi di un cambio di rotta, restano divisi. Il rischio è che, ancora una volta, prevalga un candidato “di compromesso”, incapace di risanare una Chiesa lacerata.

Ritrovare dottrina, unità, governo

La Chiesa ha bisogno di tre cose, semplici e decisive: chiarezza dottrinale, per fermare il dilagare di ambiguità morali e liturgiche; unità, per ricomporre un popolo disperso tra diocesi “creative” e conventicole autoreferenziali; e un governo centrale forte, capace di coordinare, discernere e correggere. Roma deve tornare a essere guida e riferimento, non laboratorio di sperimentazioni.

La Segreteria di Stato e il vuoto lasciato

Tra i danni più gravi del pontificato appena concluso vi è lo svuotamento della Segreteria di Stato. Il cuore diplomatico e amministrativo del Vaticano è stato umiliato, privato di poteri chiave, sostituito da iniziative personali e da una rete parallela che ha prodotto più confusione che risultati. Emblematico il caso del cardinale Zuppi inviato come mediatore in Ucraina, mentre il Segretario di Stato Parolin veniva bypassato. Il risultato? Una diplomazia disarticolata, inefficace, spesso autoreferenziale.

Ricostruire su solide fondamenta

Il prossimo Papa non dovrà solo voltare pagina. Dovrà ricostruire dalle macerie. Il modello curiale di Benedetto fu abbandonato troppo in fretta, e quello “anticuriale” di Francesco ha fallito nel garantire trasparenza ed efficienza. I fedeli – molti dei quali ancora silenziosi per rispetto del ruolo – attendono un pastore che non insegua i media ma che confermi nella fede. Che non guardi alla Chiesa come ONG, ma come Corpo Mistico di Cristo.

È tempo di tornare alla Tradizione, non per guardare al passato, ma per costruire un futuro finalmente saldo.

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