La California progressista adotta la linea del Presidente Trump
15 Mag 2025 - USA
Gavin Newsom, simbolo della sinistra woke, smentisce se stesso e adotta l’agenda conservatrice di Trump: ordine pubblico, stop ai clandestini e protezione dell’industria nazionale. È l’ammissione definitiva del fallimento progressista.

Gavin Newsom: la parabola dell’élite liberal che oggi rincorre l’America di Trump
Gavin Newsom, 56 anni, è stato per anni il volto perfetto del progressismo californiano. Cresciuto nella San Francisco liberal, coccolato dalle dinastie economiche come quella dei Getty, è salito rapidamente nei ranghi del Partito Democratico grazie a un mix di bell’aspetto, idee radical chic e copertura mediatica garantita. Sindaco di San Francisco dal 2004, poi vicegovernatore e infine governatore della California dal 2019, Newsom ha sempre incarnato la visione radicale dell’America globalista e iper-tollerante: immigrazione illimitata, diritti civili a ondate, ecologismo dogmatico, zero attenzione alla sicurezza pubblica.
Ma oggi, sotto la guida di Donald Trump tornato alla Casa Bianca, la musica è cambiata. E persino Gavin Newsom, vedendo franare il consenso nelle sue roccaforti, è costretto ad abbandonare la retorica progressista per adattarsi alla realtà imposta dal nuovo corso presidenziale.
Homeless: da “rifugiati urbani” a problema di ordine pubblico
Per anni la California ha lasciato che le proprie città venissero invase da accampamenti illegali, tossicodipendenti, degrado e violenza urbana, in nome della “compassione”. Oggi Newsom cambia registro. Ordina ai sindaci di sgomberare immediatamente gli insediamenti di senzatetto, applicando di fatto una politica di “tolleranza zero” che richiama esattamente la visione di Donald Trump, il quale ha sempre denunciato il collasso delle città liberal come Los Angeles e San Francisco.
Non è un caso se le nuove linee guida locali ricalcano perfettamente il piano federale per la sicurezza urbana varato dall’amministrazione Trump nel suo secondo mandato.
Hollywood piange, Newsom l’abbraccia… con fondi pubblici
L’industria del cinema – da sempre alleata della sinistra – ha perso terreno sotto i colpi della delocalizzazione. In un’America dove il Presidente Trump promuove il rilancio manifatturiero, anche la California è costretta a reagire. Così Newsom, nel silenzio imbarazzato dei suoi alleati progressisti, chiede interventi protezionisti per difendere le produzioni cinematografiche interne, invocando addirittura sussidi e incentivi.
Una mossa che ricalca la politica dell’America First, portata avanti con coerenza dalla Casa Bianca. Ma qui, applicata da chi fino a ieri accusava Trump di essere “pericoloso” e “anti-globalista”. Ipocrisia? No, resa incondizionata alla verità dei fatti.
Immigrazione: fine dello Stato-santuario
La svolta più clamorosa: la California non finanzierà più l’immigrazione illegale. Basta assistenza ai clandestini, basta coperture e welfare gratuito. Lo stesso Newsom che per anni ha sfidato il governo federale – incluso durante il primo mandato Trump – oggi si arrende e sposa la linea dell’amministrazione in carica.
Non più sfida allo Stato federale, ma obbedienza alle direttive dell’attuale Presidenza, che ha imposto un giro di vite sull’immigrazione clandestina e ripristinato il controllo delle frontiere come priorità nazionale.
Newsom, sotto pressione, ora segue. Ma senza mai ammettere apertamente che Trump aveva ragione.
Una sinistra che ha fallito anche dove comandava
La parabola è chiara: il governatore simbolo della sinistra woke è costretto oggi ad applicare misure di ordine, protezione, sicurezza e sovranità. Esattamente quei principi che Donald Trump ha riportato al centro della politica americana nel suo secondo mandato.
Newsom non lo dirà mai apertamente, ma le sue azioni parlano per lui: la sinistra ha fallito, e ora deve copiare chi ha sempre demonizzato. L’era delle utopie progressiste è finita. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha costretto anche le roccaforti democratiche ad arrendersi.
E se persino la California comincia a ragionare come il Presidente in carica, significa che la rivoluzione conservatrice è davvero iniziata.