La Bussola dell’Europa per tornare sovrana
16 Giu 2025 - Europa
Con la Competitiveness Compass, Bruxelles avvia una strategia quinquennale per rilanciare industria, energia e tecnologia. Un’ultima chiamata per un’Europa autonoma e forte nel mondo multipolare.

L’iniziativa lanciata dalla Commissione Europea su impulso del Rapporto Draghi non è solo un piano industriale: è un manifesto politico per un’Europa che voglia contare, sopravvivere e prosperare in un mondo dominato da giganti economici, crisi a catena e nuove guerre. Ma per riuscirci, serve abbandonare le illusioni ideologiche e abbracciare una cooperazione strategica fra nazioni europee, finalmente consapevoli della propria interdipendenza.
Il punto di partenza: un’Europa forte solo nei vincoli, debole nei risultati
L’Unione Europea ha attraversato due decenni segnati da contraddizioni paralizzanti. Da un lato una regolamentazione capillare su aspetti secondari – plastica monouso, etichettatura alimentare, vincoli ambientali sproporzionati – dall’altro una drammatica incapacità di difendere gli interessi strategici: produzione di microchip, indipendenza energetica, approvvigionamento di materie prime critiche, filiere farmaceutiche, capacità militari coordinate.
Le singole nazioni non hanno la scala sufficiente per fronteggiare i colossi globali. L’Italia non può competere da sola con la Cina nel 5G, né la Francia può sostenere da sola una filiera energetica autonoma senza gas russo. E la Germania, a dispetto della sua potenza economica, si è ritrovata in ginocchio per la chiusura del Nord Stream.
Il Rapporto Draghi: una diagnosi sistemica
Il lavoro affidato a Mario Draghi dalla Commissione ha avuto il merito di mettere in ordine una verità scomoda: la competitività europea è crollata. Il nostro continente rappresenta meno del 5% della popolazione mondiale, ha un peso tecnologico in calo, ed è costretto ad importare il 98% delle terre rare e oltre il 90% delle batterie e microprocessori avanzati.
Draghi non ha solo fotografato la crisi: ha indicato una via d’uscita (Qui un articolo che delinea il pensiero di Draghi). E non lo ha fatto con la retorica green o con gli slogan della “giustizia climatica”, ma con pragmatismo: servono investimenti comuni, serve un piano industriale, servono strumenti agili e condivisi. Serve una vera autonomia strategica, ma “aperta”: non un’autarchia, bensì la capacità di scegliere con chi dipendere, quando e come.
La “Competitiveness Compass”: finalmente una bussola per orientare l’azione
A gennaio 2025 la Commissione ha recepito quelle proposte lanciando la Competitiveness Compass: una roadmap concreta per il quinquennio 2025-2029, con quattro assi d’intervento prioritari:
- Sovranità produttiva e tecnologica – Obiettivo: riportare in Europa la produzione di tecnologie essenziali come microchip, batterie, aerospazio, difesa, farmaceutica. Per farlo, serve superare la logica dei singoli Stati e creare campioni europei supportati da capitali pubblici e privati su scala continentale.
- Energia sostenibile ma accessibile – Dopo il fallimento della dipendenza dal gas russo e l’aumento dei costi generato dalla transizione ecologica “green-ideologica”, l’Europa vuole rientrare nel gioco con investimenti massicci su nucleare modulare, idrogeno pulito e rigassificatori, bilanciando sostenibilità con realismo economico.
- Mercato unico e infrastrutture digitali – Nonostante decenni di trattati, esistono ancora barriere interne che frammentano l’Europa. La Bussola prevede uno sforzo coordinato per armonizzare regole, creare reti logistiche digitali e fisiche integrate, e valorizzare le PMI che vogliono espandersi oltreconfine.
- Capitale umano e attrazione di talenti – Si prevede una politica comune per il sostegno alla ricerca, alla formazione STEM, all’intelligenza artificiale e alla protezione dei brevetti europei, cercando anche di contrastare la fuga di cervelli verso Stati Uniti e Asia.
Perché le nazioni da sole non bastano (più)
È un errore grave pensare che il ritorno a sovranità nazionali “chiuse” possa essere sufficiente. La difesa dei propri interessi nazionali passa oggi solo attraverso un’integrazione selettiva e intelligente. Il conservatorismo europeo – quello serio – non è anti-europeista, ma anti-burocratico. Sa che nessuna nazione europea può reggere da sola la sfida tecnologica con Cina o India, né può farsi garante della propria sicurezza senza un’industria della difesa condivisa.
Se l’Europa non unisce le forze, non solo sarà marginale nei G7 del futuro, ma rischierà persino di diventare oggetto di colonizzazione economica: dai dati digitali agli asset strategici, fino alle catene del valore industriale.
Gli strumenti finanziari: serve un “fondo Draghi”
La proposta più concreta – e più urgente – è quella di un Fondo Sovrano Europeo che abbia la forza finanziaria per agire come la CHIPS Act americana o il fondo cinese Made in China 2025. Un fondo capace di investire con rapidità nei settori strategici, bypassando le lungaggini della BCE e gli egoismi nazionali.
Al tempo stesso, la governance di questo fondo dovrà essere sobria e meritocratica: ispirata a criteri di efficienza, non a compensazioni politiche fra Paesi membri.
Un’Europa forte è utile anche agli Stati Uniti
Con il ritorno di Donald Trump alla presidenza americana, l’asse transatlantico potrebbe evolvere. Non più una UE subalterna, ma una alleata forte e autonoma, che condivide interessi comuni (contro l’espansionismo cinese e islamista) ma che si fa rispettare. Questo scenario, lungi dal dividere, rafforzerebbe la Nato e riequilibrerebbe i pesi globali in favore dell’Occidente identitario.
Conclusione: il tempo delle scuse è finito
La “Competitiveness Compass” è una scommessa sul futuro. Ma sarà anche un test: se l’Europa saprà agire, il declino potrà essere invertito. Se prevarranno ancora la paura, il particolarismo e l’ideologia, la Bussola sarà solo l’ennesimo documento dimenticato. Le nazioni da sole possono ben poco. Unite, invece, possono essere un faro. Ma serve coraggio – e visione.