Israele sfida la Corte dell’Aia: “Mandati nulli contro Netanyahu e Gallant”
13 Mag 2025 - Mondo
Lo Stato ebraico contesta la legittimità della CPI e chiede il ritiro immediato dei mandati d’arresto, denunciando una giustizia politicizzata che ignora la sovranità nazionale

Israele non riconosce l’autorità della CPI
Israele ha chiesto formalmente alla Corte penale internazionale (CPI) di ritirare i mandati di arresto emessi nei confronti del Primo Ministro Benjamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. La richiesta, contenuta in un documento del 9 maggio e resa pubblica solo ora, rappresenta una ferma presa di posizione contro un’istituzione che Tel Aviv non riconosce e considera priva di giurisdizione nei confronti dei suoi cittadini.
Israele, infatti, non è parte dello Statuto di Roma, fondamento della CPI, e ha da sempre contestato la pretesa della Corte dell’Aia di intervenire in una situazione di guerra in cui lo Stato ebraico agisce per difendersi da organizzazioni terroristiche come Hamas.
Una guerra giudiziaria più che un procedimento giuridico
I mandati di arresto, emessi a novembre 2024, riguardano presunti crimini di guerra e contro l’umanità, come l’uso della fame come arma di guerra e attacchi a civili nella Striscia di Gaza. Accuse gravi che, secondo Israele, non tengono conto della realtà complessa del conflitto, né del diritto alla legittima difesa di uno Stato sovrano minacciato da gruppi jihadisti.
Non è un caso che, assieme a Netanyahu e Gallant, fosse stato spiccato un mandato anche per il leader militare di Hamas, Mohammed Deif, poi annullato dopo la sua eliminazione nel febbraio scorso. La CPI tenta così un bilanciamento posticcio, ma gli equilibri dell’Aia restano fortemente sbilanciati a sinistra e ostili a Israele.
La Corte costretta a rivedere i suoi passi
A fine aprile 2025, la Camera d’appello della CPI ha riconosciuto che la Camera preliminare aveva agito frettolosamente nel respingere le obiezioni israeliane, ordinando una revisione della questione giurisdizionale. Un’ammissione indiretta che la giustizia internazionale, troppo spesso politicizzata, ha cercato di colpire un alleato strategico dell’Occidente come Israele mentre si trova sotto attacco.
Israele oggi chiede che i mandati non siano solo sospesi, ma dichiarati nulli e privi di effetto fino a quando la questione della giurisdizione non sarà chiarita.
Ombre sul procuratore della Corte
A complicare il quadro, emergono anche accuse gravissime nei confronti del procuratore capo della CPI, Karim Khan, accusato da una collaboratrice di abusi sessuali e di averle impedito di parlare per non danneggiare la narrativa filo-palestinese in corso. Se confermate, queste accuse getterebbero discredito su un’istituzione già accusata di doppio standard e strumentalizzazione politica.