Israele-Iran, l’ora più buia
16 Giu 2025 - Medio Oriente
Israele elimina i vertici dei Pasdaran e promette di fermare il programma nucleare. Teheran rilancia minacce apocalittiche. Trump: “Se colpiscono gli USA, interverremo”. Putin possibile mediatore.

Israele passa all’offensiva: il regime iraniano sotto assedio
Dopo anni di provocazioni, minacce di sterminio e piani nucleari opachi, Israele ha scelto di rispondere con la forza. Da quattro giorni l’aviazione di Tel Aviv conduce operazioni chirurgiche all’interno del territorio iraniano, colpendo i centri nevralgici del potere militare e industriale. Le strutture della Forza Quds, le basi dei Guardiani della Rivoluzione, le fabbriche di armamenti e persino gli impianti petroliferi strategici sono stati ridotti in macerie. Israele non colpisce per spirito di vendetta, ma per sopravvivenza nazionale.
Il premier Benjamin Netanyahu ha chiarito: “L’Iran stava per raggiungere un traguardo nucleare che avrebbe messo a rischio la nostra esistenza. Non possiamo permettere che un regime totalitario e fondamentalista abbia accesso all’arma atomica”. A cadere sotto i colpi dell’IDF anche il capo dell’intelligence dei Pasdaran, Mohammad Kazemi, e il suo vice Hassan Mohaqeq, uccisi a Teheran.
Khamenei: la Guida Suprema che teme il crollo
In mezzo a questo scenario, la figura dell’ayatollah Ali Khamenei si staglia come simbolo e architrave del regime teocratico sciita. Secondo Iran International, Khamenei sarebbe stato trasferito in un bunker segreto insieme alla famiglia, temendo un attacco personale. Una notizia che mostra quanto profonda sia la crisi del potere a Teheran.
Chi è Ali Khamenei? Nato nel 1939 a Mashhad, è salito al potere nel 1989 dopo la morte di Khomeini, fondatore della Repubblica Islamica. Teorico dell’islam politico e irriducibile nemico di Israele e dell’Occidente, ha guidato il Paese per 35 anni accentuando la repressione interna, sostenendo il terrorismo internazionale (come Hezbollah e Hamas) e sviluppando un controverso programma nucleare. Sotto la sua guida, l’Iran è diventato uno dei principali destabilizzatori del Medio Oriente.
Netanyahu non ha confermato che Khamenei sia un obiettivo, ma ha lasciato intendere che un cambio di regime non sarebbe escluso come “effetto collaterale” dell’operazione in corso: “Il regime iraniano è debole. Se cade, non sarà per nostra volontà, ma per la propria inconsistenza”.
La reazione iraniana: missili e retorica apocalittica
La risposta di Teheran è arrivata con nuove piogge di missili su Israele. Prima l’allarme a Tel Aviv e Gerusalemme, poi ondate successive hanno colpito il sud del Paese e Haifa. Il portavoce militare Reza Sayyad ha dichiarato che “Israele non sarà più abitabile”. Parole che dimostrano ancora una volta la natura nichilista e genocida del regime iraniano.
La linea iraniana è chiara: nessuna apertura diplomatica. Teheran ha informato Oman e Qatar che non intende trattare sul programma nucleare mentre è sotto attacco, svelando così che l’atomica resta un obiettivo irrinunciabile del regime. Un fatto che smentisce decenni di rassicurazioni fatte all’Occidente da parte di élite pacifiste e istituzioni internazionali.
Trump irrompe nella crisi: “Se attaccano gli Stati Uniti, reagiremo”
A riportare equilibrio e deterrenza nello scenario interviene il presidente Donald Trump. Con parole chiare ha ammonito l’Iran: “Se colpiscono gli Stati Uniti o i nostri alleati, entreremo in campo”. Il messaggio è inequivocabile: l’America non resterà a guardare mentre un regime islamista sfida la sicurezza globale.
Ma Trump, da statista abituato a trattare e non solo a minacciare, ha anche rilanciato una via diplomatica alternativa e sorprendente: proporre Vladimir Putin come possibile mediatore tra Teheran e Tel Aviv (qui l’articolo di approfondimento). Un gesto che ribadisce quanto la nuova amministrazione americana voglia uscire dalla logica della guerra perpetua imposta dall’establishment progressista, rilanciando il dialogo tra potenze per garantire equilibrio e sicurezza.
Una guerra che ridisegna il Medio Oriente
Mentre l’Europa osserva impotente e la diplomazia delle Nazioni Unite è ridotta a una caricatura, Israele combatte una battaglia che riguarda tutta l’umanità: impedire che un regime oscurantista e instabile ottenga il potere di distruggere. Con Netanyahu alla guida, e Trump pronto ad agire, la possibilità di un nuovo ordine in Medio Oriente torna ad essere concreta. Ma prima, sarà necessario che l’Occidente scelga da che parte stare: con la civiltà o con i fanatici.