Greta fermata in mare, Israele blocca la missione per Gaza
9 Giu 2025 - Medio Oriente
La marina israeliana intercetta la barca della “Freedom Flotilla” con a bordo Greta Thunberg: “Violato il blocco navale imposto per motivi di sicurezza”. Polemiche e proteste da parte dell’attivismo pro-Palestina.

Fermata nel Mediterraneo la nave con Greta Thunberg diretta a Gaza
La marina israeliana ha intercettato e fermato la barca a vela “Madleen”, partita nei giorni scorsi dalla Sicilia e diretta verso le coste di Gaza. A bordo si trovavano dodici attivisti della “Freedom Flotilla Coalition”, tra cui l’attivista svedese Greta Thunberg e l’europarlamentare Rima Hassan. L’imbarcazione è stata dirottata verso il porto di Ashdod. L’operazione si è svolta in acque internazionali, a circa 200 km dalla Striscia.
Una missione dichiaratamente politica
Secondo quanto dichiarato dagli organizzatori, la “Madleen” trasportava aiuti umanitari e aveva lo scopo di attirare l’attenzione internazionale sulla crisi a Gaza. Tuttavia, le autorità israeliane hanno visto nell’iniziativa una chiara provocazione politica, sottolineando che il carico era più simbolico che sostanziale e che le modalità della missione puntavano soprattutto all’impatto mediatico. Israele ha rafforzato il blocco navale su Gaza dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, considerandolo uno strumento di sicurezza.
Israele: “Scelta responsabile per tutelare la sicurezza”
Il governo israeliano ha motivato l’intervento con la necessità di evitare possibili infiltrazioni o azioni coordinate con organizzazioni ostili. Il ministro della Difesa Israel Katz ha dichiarato che i passeggeri saranno rimpatriati, ma non prima di aver compreso il contesto di guerra in corso. “Chi si presta a iniziative di questo tipo dovrebbe conoscere la realtà dei fatti”, ha affermato. Il carico di aiuti, secondo le autorità, potrà essere eventualmente trasferito attraverso canali ufficiali e controllati.
Proteste e reazioni nel mondo politico
L’arresto dei dodici attivisti, in particolare della Thunberg, ha suscitato reazioni contrastanti. Da un lato, esponenti della sinistra europea hanno parlato di violazione del diritto internazionale; dall’altro, alcuni governi hanno assunto posizioni più caute, sottolineando la necessità di bilanciare il rispetto per l’iniziativa umanitaria con le ragioni di sicurezza nazionale di Israele. Non sono mancate le manifestazioni di protesta, soprattutto da parte di associazioni pro-Palestina.
Una vicenda che riapre il dibattito
Il caso della Madleen ripropone una questione ricorrente: il confine tra attivismo umanitario e iniziative politiche in contesti di conflitto. Israele, che da mesi affronta una guerra difficile sul fronte interno e diplomatico, ha scelto la linea della fermezza. D’altra parte, le iniziative simboliche come questa, pur partendo da intenti dichiaratamente pacifici, rischiano di alimentare ulteriori tensioni in un’area già instabile. Il dibattito resta aperto, ma la questione va affrontata con equilibrio e senso delle responsabilità.