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Germania, l’ombra lunga della repressione politica

13 Mag 2025 - Europa

Dopo il bando del “Regno di Germania” e la stretta sull’AfD, la domanda è inevitabile: siamo ancora in una democrazia liberale o le idee divergenti vanno messe al bando?

Germania, l’ombra lunga della repressione politica

La Germania affonda nella censura delle idee

Un tempo si diceva che l’Europa fosse la culla della libertà. Oggi, in Germania, basta pensare diversamente per finire nel mirino dello Stato. L’ultima vittima del clima di repressione ideologica è il gruppo “Regno di Germania”, affiliato ai “Cittadini del Reich”. Quattro arresti, raid in sette Länder, accuse vaghe come “negazione dell’ordinamento democratico” – cioè, in parole povere: non la pensi come lo Stato, quindi sei un pericolo.

Si dirà: sono estremisti. Ma in base a cosa? A idee? Teorie? Sogni politici? Atti violenti? Nulla di tutto ciò. Solo opinioni considerate “scomode” dal sistema. E allora la domanda è inevitabile: è ancora tollerabile tutto questo in un Paese che si definisce “liberale e democratico”?

AfD nel mirino: un partito che fa paura al potere

Ma non è solo questione di gruppi ai margini. Anche l’AfD, oggi seconda forza politica tedesca, viene trattata come una minaccia interna. Servizi segreti, etichette di “estrema destra”, controlli sistematici. La macchina del fango è attiva giorno e notte, col solo scopo di screditare l’unico vero argine al potere centralista, tecnocratico, eurocratico che sta strangolando la Germania.

La realtà è che l’AfD dà fastidio. Perché parla alla pancia e al cuore del popolo tedesco. Perché dice cose che i burocrati di Berlino e Bruxelles non vogliono sentire. E allora? La si isola. La si sorveglia. Si tenta, nemmeno troppo velatamente, di eliminarla dal gioco politico.

Criminali per le idee: il nuovo volto dell’Europa

Siamo di fronte a uno scenario inquietante. Se non inciti alla violenza, se non organizzi attentati, se non violi la legge – ma semplicemente hai idee che vanno contro la narrazione ufficiale – sei etichettato come “estremista”, “pericoloso”, “da sorvegliare”. Ma dove siamo? Nella DDR? O nel cuore dell’Unione Europea?

Le idee non si reprimono. Si confrontano. Si sfidano nelle urne, nei dibattiti, nelle piazze. Reprimere significa ammettere che non si hanno argomenti. E quando lo Stato comincia ad avere paura delle parole, vuol dire che la democrazia è già stata svuotata.

Libertà per tutti. Non solo per chi è allineato

Nessuno, ripetiamo: nessuno, dovrebbe essere perseguitato per ciò in cui crede. Non i conservatori. Non le comunità religiose. Non i dissidenti. Se la Germania permette a realtà islamiche di ispirarsi alla Sharia senza criminalizzarle, perché lo stesso Stato si accanisce contro cittadini tedeschi che, per quanto eccentrici o radicali, esprimono opinioni, non azioni criminali?

Chi è davvero una minaccia per la democrazia?

Lo vogliamo dire chiaramente: il problema non è l’AfD, né il dissenso. Il vero pericolo per la democrazia sono le élite che vogliono trasformare il dissenso in reato. Che vogliono un popolo docile, silenzioso, senza idee proprie. Ma non funziona così. E non durerà.

La domanda è semplice, bruciante, inevitabile: oggi sono i “Cittadini del Reich”, domani l’AfD, e dopodomani chi? Gli agricoltori? I cattolici? Chi crede nei confini, nella patria, nella famiglia?

Chi decide cos’è “pericoloso”? Lo Stato o il popolo?

Il tempo delle ambiguità è finito. Se difendere le proprie idee, i propri valori, la propria visione di società è diventato un crimine, allora il crimine lo sta commettendo lo Stato. E la Germania dovrebbe ricordarsi cosa accade quando si smette di ascoltare il proprio popolo.

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