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Fuori dal Coro riaccende il dibattito: il Corano parla davvero di conquistare Roma?

23 Mag 2025 - Approfondimenti Politici

Nel programma di Mario Giordano su Rete 4, si torna a discutere di Islam e Occidente. Al centro della polemica un presunto versetto coranico sulla conquista di Roma. Ma tra letture errate, hadith controversi e retorica sensazionalista, la questione è ben più complessa.

Fuori dal Coro riaccende il dibattito: il Corano parla davvero di conquistare Roma?

Il significato della Sura ar‑Rum nel contesto storico

Il servizio andato in onda mercoledì sera su Rete 4, nel programma Fuori dal coro condotto da Mario Giordano, ha riacceso il dibattito su un antico tema religioso, spesso frainteso o strumentalizzato nei contesti contemporanei: la presunta indicazione, contenuta nel Corano, di una conquista islamica di Roma. Il programma ha mostrato alcune immagini e citazioni, attribuendo al testo sacro dell’Islam un significato esplicitamente politico e militare, sostenendo che Roma sarebbe nel mirino dell’Islam radicale.

Per comprendere correttamente la questione, occorre partire dalla trentesima sura del Corano, intitolata al‑Rum, ovvero “dei Romani”. In questo passo si fa riferimento a un evento storico ben preciso: la sconfitta temporanea dell’Impero bizantino da parte dei Sasanidi, seguita da una profezia sulla sua riscossa. Il Corano sottolinea come, nonostante la caduta iniziale, i “Romani” — ovvero i Bizantini cristiani — sarebbero tornati vittoriosi “in pochi anni”, rafforzando la fede dei credenti nella giustizia di Dio. Si tratta dunque di una sura che riguarda la geopolitica del VII secolo, dove l’Impero romano d’Oriente era ancora una potenza cristiana, e non vi è alcun riferimento alla Roma occidentale, capitale italiana, né tantomeno a una futura conversione forzata dell’Occidente.

I hadith e la narrazione della conquista di Roma

Diverso è il discorso relativo ad alcuni hadith, ovvero detti e fatti attribuiti al profeta Maometto e raccolti in testi successivi alla rivelazione coranica. Tra questi, esiste effettivamente un passaggio che menziona Roma, in una sequenza profetica che inizia con la conquista di Costantinopoli, seguita da quella della “città di Cesare”, identificata con Roma. Questo tipo di narrazione, però, appartiene alla sfera escatologica, ossia alle profezie riguardanti la fine dei tempi, e non può essere equiparato a un comando dottrinale vincolante. Inoltre, va ricordato che non tutti i musulmani accettano allo stesso modo la validità di questi hadith. Le scuole giuridiche islamiche si dividono infatti sul valore da attribuire alle fonti extracoriche, e molti studiosi contemporanei considerano questi passaggi simbolici o addirittura apocrifi.

A questo si aggiunge il fatto che anche quando accettati, tali hadith sono spesso intesi in senso spirituale: la “conquista” non viene interpretata come una campagna militare, ma come una diffusione del messaggio islamico attraverso la predicazione, la testimonianza di fede, e il dialogo. Ridurre tutto a una lettura bellicosa e ideologicamente aggressiva, come ha fatto il servizio televisivo, significa operare una semplificazione pericolosa, oltre che imprecisa sul piano teologico.

Una lettura strumentale del Corano

Il problema maggiore emerso dal servizio di Fuori dal coro riguarda l’uso strumentale di testi sacri per costruire una narrazione di minaccia permanente. Il Corano non contiene un progetto politico di espansione territoriale, né tantomeno prevede una conversione forzata dei popoli. Piuttosto, invita alla fede, al dialogo e alla convivenza, pur ammettendo il diritto alla difesa contro l’oppressione, nel contesto storico delle prime comunità islamiche perseguitate.

La lettura proposta dal programma è figlia di una visione identitaria e conflittuale, che spesso viene alimentata anche da frange fondamentaliste all’interno dello stesso mondo musulmano, ma che non rappresenta l’intero universo islamico. Esistono infatti autorevoli intellettuali musulmani, come lo scomparso Massimo Campanini, che hanno chiarito come il significato spirituale del Corano vada distinto dalle derive politiche successive, e che i riferimenti a Roma vanno interpretati simbolicamente, non come obiettivi strategici.

Il rischio del sensazionalismo

Il servizio televisivo, pur denunciando un problema reale come quello dell’infiltrazione dell’islamismo radicale in alcune aree europee, rischia di scivolare nel sensazionalismo quando non distingue tra Islam e fondamentalismo, tra testo sacro e interpretazioni settarie. Questo tipo di comunicazione contribuisce più ad alimentare paure diffuse che a fornire strumenti critici e culturali per affrontare la sfida dell’integrazione e della sicurezza.

Una trasmissione che intende affrontare il rapporto tra Islam e società occidentale dovrebbe, piuttosto, partire da un confronto serio con i testi, con gli studiosi, con i musulmani stessi che vivono in Italia e che respingono ogni forma di radicalismo. Solo così si potrà evitare il cortocircuito tra ignoranza e propaganda, e favorire una discussione pubblica degna di una democrazia matura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Articolo scritto da:
Marzio Brusaglia

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