Europa 2065: il rischio dell’oblio per i popoli millenari
5 Giu 2025 - Europa
Proiezioni demografiche allarmanti mostrano una rapida trasformazione della composizione etnica in Europa. La storia e l’identità dei popoli autoctoni rischiano di essere marginalizzate nei loro stessi territori.

L’erosione silenziosa delle radici europee
C’è una realtà che pochi hanno il coraggio di guardare in faccia, ma che prende forma nei numeri freddi delle statistiche demografiche: intere nazioni europee, custodi di civiltà millenarie, si stanno avvicinando a un punto di non ritorno. In alcuni Paesi, il gruppo etnico storicamente maggioritario è destinato a diventare minoranza entro pochi decenni. Un processo che, seppur mai dichiarato ufficialmente, avanza senza freni.
Nel Regno Unito, secondo le proiezioni di studiosi autorevoli come il prof. David Coleman e Matthew Goodwin, i “White British” potrebbero scendere sotto il 50% già entro il 2065. Fenomeni simili si osservano anche in Francia, Belgio, Svezia e Germania, dove l’immigrazione massiccia, unita a diversi tassi di natalità, sta profondamente cambiando il volto delle società.
Un’identità in bilico
La posta in gioco non è solo demografica. È culturale, simbolica e profondamente politica. Le cattedrali, le lingue, le tradizioni, i monumenti, i canti popolari: tutto ciò che ha definito l’anima dei popoli europei rischia di essere confinato a una dimensione museale, scollegata dalla vita quotidiana. Intere generazioni future potrebbero crescere senza nemmeno conoscere – o riconoscersi – nei valori fondanti delle nazioni che abitano.
La perdita dell’identità collettiva, dell’orgoglio delle origini, di ciò che ha forgiato la civiltà occidentale, è un rischio concreto se i numeri confermati dalle università e dai centri studi continueranno a seguire la traiettoria attuale. Non si tratta di opporsi all’incontro tra culture, ma di interrogarsi se esso non stia diventando un assorbimento totale, in cui uno solo dei due poli è destinato a soccombere.
Un problema politico ed esistenziale
Le istituzioni europee, anziché interrogarsi sulle conseguenze profonde di queste trasformazioni, sembrano invece accelerare processi che annullano le frontiere e omologano le identità. La cittadinanza automatica, la revisione dei programmi scolastici, il revisionismo culturale, l’abbandono delle feste nazionali a favore di nuovi simboli: tutto contribuisce a una sorta di svuotamento spirituale dei popoli.
In questo contesto, il problema non è l’inclusione, ma l’estinzione dell’identità. Una società che rinuncia a trasmettere il proprio patrimonio spirituale e culturale non solo cede il passo, ma scompare. E con essa, scompare l’Europa così come l’abbiamo conosciuta.
Una riflessione necessaria
I popoli europei devono tornare a interrogarsi sul proprio destino. Non con rabbia né con rancore, ma con lucidità. Salvaguardare la propria identità non è un atto di chiusura: è un dovere verso chi ci ha preceduto e chi verrà dopo. Le civiltà non muoiono in un giorno, ma svaniscono lentamente quando smettono di credere in sé stesse.
L’Europa è ancora in tempo per scegliere: può essere continente di memorie o terra viva di popoli consapevoli. Ma il tempo stringe. E, come sempre nella storia, chi non ha il coraggio di difendere ciò che è… rischia di non esserlo più.