Erdogan sfida Macron e Bruxelles: Istanbul pronta a ospitare Putin e Zelensky
14 Mag 2025 - Medio Oriente
La Turchia si propone come arbitro della pace tra Russia e Ucraina, mentre l’Europa insiste sulla linea delle sanzioni. Erdogan rilancia la sua visione multipolare, e Trump osserva compiaciuto.

La Turchia torna centrale: Erdogan rilancia la sua visione multipolare con un possibile summit tra Zelensky e Putin
Mentre l’establishment progressista occidentale continua a promuovere un conflitto ad oltranza e a soffocare ogni tentativo di negoziato, la Turchia si riposiziona con forza al centro della scacchiera diplomatica globale. Recep Tayyip Erdogan, da tempo mediatore riconosciuto tra Mosca e Kiev, si propone oggi come l’unico leader capace di offrire un terreno neutrale e credibile per un incontro diretto tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. La data cerchiata in rosso è il 15 maggio: Istanbul potrebbe diventare teatro di una storica svolta diplomatica.
Una mediazione che sfida la narrazione bellicista dell’UE
La diplomazia turca si muove in controtendenza rispetto alla linea dura adottata da Bruxelles, Berlino e Parigi. Mentre il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il presidente francese Emmanuel Macron appoggiano sanzioni e invii di armi senza una visione politica chiara, Erdogan lavora per ricostruire un dialogo tra le parti. E lo fa da una posizione di forza: la Turchia, pur membro della NATO, non ha mai aderito acriticamente alla politica occidentale, mantenendo rapporti bilaterali attivi con la Russia, fornendo droni a Kiev, ma rifiutandosi di interrompere i canali economici e diplomatici con Mosca.
Zelensky accetta la sfida del dialogo… sotto pressione
Volodymyr Zelensky ha dichiarato di essere pronto a incontrare Putin, segno che qualcosa si muove anche sul fronte ucraino. Il sostegno militare occidentale, in particolare statunitense, non è più garantito incondizionatamente, soprattutto dopo la vittoria di Trump e il cambio di paradigma alla Casa Bianca. È plausibile che Kiev si trovi ora spinta verso il negoziato, più per necessità che per convinzione. Il popolo ucraino, stremato dalla guerra, inizia a guardare con favore a una possibile tregua. E in questo scenario, Zelensky sa che presentarsi disponibile al dialogo è una mossa politica imprescindibile.
Putin attende segnali concreti, ma rilancia l’asse con Ankara
Da Mosca non è ancora giunta la conferma della partecipazione diretta di Vladimir Putin, ma l’interesse russo per un negoziato reale è emerso chiaramente. Il Cremlino ha sempre dichiarato, soprattutto negli ultimi mesi, che i suoi obiettivi sono negoziabili, purché si esca dalla logica della resa incondizionata imposta dall’Occidente. L’asse tra Mosca e Ankara si è rafforzato negli ultimi anni su più piani: energetico, commerciale e strategico. Se Putin dovesse sedersi al tavolo con Zelensky in Turchia, sarebbe anche una vittoria simbolica contro la pretesa dell’Occidente di dettare da solo le regole della pace.
Trump osserva da lontano, ma detta la cornice
La nuova amministrazione statunitense a guida Donald Trump non ha ancora partecipato direttamente all’iniziativa turca, ma non è un caso se la spinta al negoziato si è riaccesa proprio con il suo ritorno alla Casa Bianca. Trump ha già dichiarato che vuole “porre fine alla guerra entro 24 ore”, e le sue posizioni pubbliche hanno avuto il merito di spezzare il tabù della pace, imposto da Biden e dai suoi alleati europei. La Turchia potrebbe rivelarsi lo strumento ideale per tradurre quella visione in diplomazia concreta.
Conclusione: la Turchia ponte tra mondi e tra civiltà
In un mondo multipolare che si va delineando sempre più chiaramente, la Turchia di Erdogan assume il ruolo che l’Unione Europea ha abdicato: quello di interlocutore credibile per entrambi gli schieramenti. Mentre Bruxelles si auto-sabota seguendo un’agenda ideologica e militarista, Ankara si candida a diventare l’epicentro di una nuova architettura di sicurezza. Il summit tra Zelensky e Putin – se si concretizzerà – potrebbe rappresentare non solo un primo passo verso la pace, ma anche un nuovo ordine diplomatico dove non è più l’Occidente a decidere da solo. E questa, per chi crede nella sovranità e nella fine della guerra, è una buona notizia.