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Edan Alexander libero dopo 580 giorni: Trump umilia Hamas

13 Mag 2025 - Medio Oriente

Rilasciato il giovane ostaggio israelo-americano grazie all’intervento dell’amministrazione Trump. Tel Aviv chiarisce: nessun accordo con i terroristi, le operazioni militari continueranno.

Edan Alexander libero dopo 580 giorni: Trump umilia Hamas

Un rilascio senza onori per chi ha disonorato l’umanità

Dopo 580 giorni di prigionia nelle mani di Hamas, Edan Alexander è finalmente libero. Il 21enne soldato israelo-americano è stato consegnato dalla banda terrorista, Hamas, alla Croce Rossa a Khan Younis, in un passaggio senza alcuna cerimonia: un dettaglio che da solo racconta quanto l’organizzazione fondamentalista sia oggi delegittimata agli occhi del mondo libero. Nessuna stretta di mano, nessun onore da offrire. Solo il ritorno di un innocente sequestrato, torturato e costretto per mesi in una gabbia, secondo le testimonianze riportate da fonti israeliane.

“Grazie Presidente Trump!”: il messaggio che vale più di mille conferenze stampa

La prima immagine di Alexander a bordo dell’elicottero che lo ha portato al sicuro, mentre scrive con mano tremante su una lavagnetta “Thank you President Trump!!!”, è destinata a diventare un’icona. È il ringraziamento spontaneo di chi sa che la propria salvezza non è stata il frutto di mediazioni opache o trattative di scambio, ma della determinazione di un presidente americano che ha scelto di fare ciò che è giusto: liberare un cittadino ostaggio del terrore islamista.

La linea Trump: fermezza e risultati, non retorica

Non servono giri di parole: il rilascio di Edan Alexander è il primo vero successo americano dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas. Un successo targato Trump, che dimostra come la politica estera muscolare, basata su forza, negoziazione diretta e zero ambiguità, riesca dove mesi di vacue dichiarazioni progressiste hanno fallito.

L’ambasciatore americano Mike Huckabee non usa mezzi termini: “Hamas è l’unico responsabile di questa tragedia”. Una dichiarazione limpida, netta, lontana dalla pericolosa retorica del “cessate il fuoco a tutti i costi” che ha fatto breccia in certi ambienti occidentali.

Hamas cede per paura, non per umanità

Fonti ben informate sostengono che la liberazione di Alexander sia stata un “gesto di buona volontà” da parte di Hamas in vista dell’arrivo di Trump nella regione. Una mossa disperata da parte di chi teme il ritorno di un’America autorevole, pronta a sostenere Israele senza tentennamenti. Nessun cessate il fuoco è stato concordato. Nessun prigioniero palestinese è stato scambiato. Solo un corridoio umanitario concesso per evitare ulteriori perdite in una guerra che Hamas sta oggettivamente perdendo.

Netanyahu: avanti con le operazioni, nessuna tregua coi terroristi

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha voluto chiarire: “I negoziati continueranno sotto il fuoco”. Nessun rallentamento delle operazioni militari. Nessun passo indietro. Israele, oggi più che mai, è determinato a smantellare la rete terroristica che ha insanguinato il 7 ottobre e che ancora tiene in ostaggio decine di innocenti.

Il colloquio telefonico tra Netanyahu e Trump è stato emblematico: da un lato il premier israeliano ha ringraziato per l’aiuto decisivo nella liberazione di Alexander; dall’altro Trump ha ribadito il suo impegno assoluto per la sicurezza dello Stato ebraico.

Verso la fine della guerra, ma non sotto ricatto

Hamas ha sperato che questo gesto potesse ammorbidire Israele. Ma a Gaza si continua a combattere. L’unica via per porre fine a questo conflitto passa dalla resa del terrorismo, non da compromessi con chi ha sequestrato bambini e torturato prigionieri.

L’idea che Edan Alexander possa incontrare Trump in Qatar nei prossimi giorni – se le condizioni di salute lo permetteranno – rappresenta il segnale politico più forte: chi vuole la pace, deve parlare con chi ha dimostrato di saper ottenere risultati.

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