Città allo sbando, l’altra faccia del centrosinistra
23 Mag 2025 - Italia
Da Milano a Roma, passando per Bologna e Napoli: le amministrazioni di centrosinistra mostrano crepe sempre più profonde tra degrado urbano, criminalità dilagante e cittadini disillusi. Il “modello progressista” vacilla sotto il peso della realtà.

Il quadro generale: un’Italia a due velocità
Le città italiane non sono tutte uguali. E non lo sono nemmeno nella gestione dell’ordine pubblico, del decoro urbano e delle risposte alle sfide quotidiane della cittadinanza. Una crescente preoccupazione serpeggia tra i cittadini di numerosi capoluoghi amministrati da giunte di centrosinistra, dove il degrado urbano e la microcriminalità sembrano aver preso il sopravvento, complice – secondo alcuni osservatori – una visione politica spesso più ideologica che pragmatica.
Milano, Bologna, Napoli: il volto sbiadito del “modello progressista”
Milano, vetrina del riformismo progressista, sta mostrando da tempo crepe profonde. Aree centrali come la Stazione Centrale o i bastioni di Porta Venezia vivono situazioni di costante insicurezza, con aggressioni, spaccio e furti che si susseguono a ritmo quotidiano. Il sindaco Sala ha più volte parlato di “percezione” alterata della sicurezza, ma a pesare sono i dati: denunce in aumento, rapine in pieno giorno, e una crescente sensazione di abbandono da parte dei residenti.
Non va meglio a Bologna, storicamente considerata una roccaforte della sinistra “civica e inclusiva”. Anche qui, zone come la Bolognina o il parco della Montagnola sono diventate emblema del mancato controllo del territorio. Le proteste dei commercianti e dei residenti si moltiplicano, mentre l’amministrazione appare titubante, più attenta a tutelare l’accoglienza che a ristabilire legalità e decoro.
Napoli, amministrata da una coalizione di centrosinistra, è un caso a parte, dove la convivenza tra degrado e arte si consuma quotidianamente. I quartieri spagnoli, piazza Garibaldi, la Sanità: luoghi simbolici ormai segnati da scorribande giovanili, scippi, incuria. I fondi del PNRR, che potrebbero rilanciare il territorio, sembrano dispersi in progettazioni confuse e ritardi cronici.
Roma, la Capitale che non riesce a rialzarsi
E poi c’è Roma, la Capitale. Con il sindaco Gualtieri, espressione del Partito Democratico, la città si era promessa un “nuovo corso” dopo le difficoltà della precedente amministrazione. Tuttavia, a quasi tre anni dall’insediamento, la realtà è ben diversa: cassonetti traboccanti, strade dissestate, periferie abbandonate. Ma è soprattutto sul fronte della sicurezza che la città appare allo sbando: dalle stazioni della metro al quartiere Esquilino, passando per San Lorenzo e Tor Bella Monaca, la criminalità spicciola – tra spaccio, furti e occupazioni – è tornata protagonista.
Il Campidoglio, più impegnato nella transizione ecologica e nei progetti di rigenerazione urbana ancora sulla carta, sembra incapace di garantire una risposta immediata ai problemi più urgenti. I romani denunciano l’assenza dello Stato, e il “modello Roma” si rivela ancora una volta un’occasione mancata.
L’approccio “ideologico” alla sicurezza
Uno degli elementi che accomuna molte amministrazioni di centrosinistra è un’impostazione ideologica della sicurezza urbana. Il timore di apparire “repressivi” porta spesso alla rinuncia preventiva a strumenti normativi e di controllo che potrebbero invece ridurre il senso di impunità diffuso. Le ordinanze anti-degrado sono viste con sospetto, l’uso delle forze dell’ordine viene dosato con estrema cautela, mentre le cosiddette “zone franche” continuano a moltiplicarsi.
Non è un caso che, in molte di queste città, si registri un boom del mercato degli impianti di videosorveglianza privati: un segnale evidente della disillusione dei cittadini verso la capacità del pubblico di garantire sicurezza.
Quando l’ideologia si scontra con la realtà
La retorica dell’inclusività, dell’accesso universale, della tolleranza a tutti i costi, finisce spesso per scontrarsi con le esigenze concrete delle famiglie, dei lavoratori, dei commercianti. Il risultato è un progressivo distacco tra le amministrazioni e le istanze reali della popolazione. I cittadini si sentono non ascoltati, accusati di “populismo” se lamentano situazioni di degrado o di microcriminalità.
Molte giunte sembrano più impegnate a promuovere festival, convegni e progetti culturali a sfondo identitario che a risolvere i problemi strutturali di mobilità, pulizia urbana, occupazioni abusive, o illegalità diffusa nei quartieri popolari.
Un’occasione per riflettere sul modello di governo locale
La realtà di queste città apre una riflessione più ampia sul modello amministrativo delle grandi aree urbane. L’Italia ha bisogno di città sicure, ordinate, dove lo Stato sia visibile e presente nei quartieri, e non relegato a qualche salotto buono del centro storico. Le elezioni amministrative non dovrebbero essere solo referendum ideologici, ma momenti di verifica sul funzionamento della macchina urbana.
Serve, in definitiva, un cambio di passo: meno slogan e più sicurezza, meno promesse e più manutenzione del territorio. Il tempo degli esperimenti ideologici sembra ormai superato dai fatti. E gli italiani – da Nord a Sud – iniziano ad accorgersene.