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Bruxelles silenzia il dissenso: solo i cantori del pensiero unico ammessi a parlare di “libertà di stampa”

14 Mag 2025 - Europa

Escluso Tommaso Cerno, direttore del Tempo, dal dibattito sullo stato di diritto in Italia al Parlamento Europeo. L’informazione che osa deviare dalla linea progressista non ha cittadinanza a Bruxelles. Parlano solo i portavoce del mainstream.

Bruxelles silenzia il dissenso: solo i cantori del pensiero unico ammessi a parlare di “libertà di stampa”

Una farsa europea sulla libertà di stampa

Altro che pluralismo. A Bruxelles la libertà di stampa si misura sulla fedeltà ideologica. Il Parlamento Europeo ha blindato un dibattito sullo “stato di diritto e sulla libertà di stampa in Italia” escludendo chi non si piega alla narrazione dominante. L’ospite sgradito? Tommaso Cerno, direttore de Il Tempo, giornalista con una carriera decennale sui diritti civili e la libertà di espressione. Il suo unico peccato? Non essere omologato.

A prendere la parola saranno invece i soliti nomi del circuito mediatico progressista: Sigfrido Ranucci, volto militante di Report, e Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, la testata che ha fatto del giustizialismo a senso unico la sua bandiera.

Il copione dell’ipocrisia: chi decide chi può parlare

Dietro l’apparenza democratica del panel della commissione Libe si nasconde la logica della censura più bieca. Il gruppo di Fratelli d’Italia aveva proposto Cerno come relatore, insieme ad altri nomi fuori dall’orbita woke. Ma la presidente del gruppo di monitoraggio interno ha opposto un veto silenzioso e implacabile. Nessuna spiegazione seria, solo il timbro di esclusione. La ragione? Il dissenso non è contemplato.

Un regime mediatico travestito da Europa

Quel che è accaduto non è una svista. È il segno di un sistema in cui la sinistra radical-progressista si è impadronita delle leve istituzionali per imporre la sua egemonia culturale. A Bruxelles non esiste un vero confronto: esiste solo l’amplificazione delle voci che attaccano sistematicamente i governi conservatori e sovranisti. La presunta “libertà di stampa” è ormai un teatrino per glorificare sé stessi, zittendo chiunque osi dissentire.

Voci fuori dal coro: la reazione della stampa libera

A denunciare il cortocircuito sono stati in tanti. Daniele Capezzone ha parlato di una UE in cui “la libertà d’informazione si guarda solo con le lenti di sinistra”. Nicola Porro ha usato parole taglienti: “L’esclusione di Cerno è un atto liberticida. Chiamano a parlare di libertà di stampa due nemici giurati del governo, è come chiedere a un lupo un parere sulla sicurezza degli agnelli”.

FdI smaschera la propaganda

Fratelli d’Italia non ha taciuto. Andrea Delmastro ha definito “paradossale” che, in un dibattito sulla libertà, si censuri proprio chi ha fatto della libertà una missione professionale. Nicola Procaccini, copresidente del gruppo Ecr, ha denunciato un “panel ridicolo, sbilanciato a sinistra”. Il suo tentativo di riequilibrare il dibattito con figure come Cerno e Paola Ferazzoli (Giornaliste Italiane) è stato rigettato senza discussione. Accettato solo un nome neutro e istituzionale, per salvare le apparenze.

Ranucci, la foglia di fico del pluralismo

Il tentativo di Ranucci di giustificare l’esclusione parlando di “ritardi tecnici” fa sorridere. La verità è che i progressisti hanno costruito un sistema impermeabile al dissenso, dove si accede solo se certificati dalla casta mediatica. Altro che errori procedurali: siamo di fronte a una repressione sistematica del libero pensiero.

Chi decide cosa si può dire, non difende la libertà

Il caso Cerno dimostra che l’Unione Europea è diventata il santuario del pensiero unico progressista. I suoi “eroi” – Ranucci, Cancellato e compagnia cantando – non rappresentano la libertà, ma il monopolio della parola. Chi controlla chi parla, decide anche cosa si può pensare. E questa, più che una riunione sullo stato di diritto, somiglia sempre più a un processo politico contro la libertà autentica.

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