Bertulazzi, ex Brigate Rosse verso l’estradizione dall’Argentina
2 Lug 2025 - Italia
La Corte Suprema argentina autorizza l’estradizione dell’ex terrorista rosso: Leonardo Bertulazzi, membro delle Brigate Rosse e coinvolto nel sequestro Costa e nella prigione di Aldo Moro, potrebbe finalmente scontare in Italia i suoi 27 anni di carcere. Ora la parola passa al presidente Milei.

Argentina, via libera all’estradizione: l’ex BR Bertulazzi potrebbe finalmente scontare la pena in Italia
Una buona notizia per chi crede nella giustizia e nella memoria delle vittime del terrorismo rosso. La Corte Suprema argentina ha dato parere favorevole all’estradizione in Italia di Leonardo Bertulazzi, ex militante delle Brigate Rosse e protagonista di uno dei sequestri più ignobili degli Anni di Piombo. Ora la decisione finale spetta al presidente Javier Milei, che – non a caso – è stato l’unico, dopo decenni di connivenze e ambiguità sudamericane, ad avere il coraggio di revocare il discutibile status di “rifugiato politico” concesso a questo criminale nel 2004.
Dopo vent’anni di protezioni ideologiche offerte da governi di sinistra, l’Argentina ha finalmente aperto la strada per riportare in Italia un terrorista condannato a 27 anni di carcere per reati gravissimi. La sinistra internazionale ha per decenni protetto questi assassini travestiti da “esiliati politici”. Oggi, finalmente, l’Italia ha una possibilità concreta di chiudere i conti.
Bertulazzi: una vita al servizio dell’eversione armata
Leonardo Bertulazzi, cresciuto a Genova negli ambienti della sinistra extraparlamentare, iniziò il suo percorso ideologico in Lotta Continua prima di passare alla lotta armata con le Brigate Rosse, assumendo il nome di battaglia “Stefano”. Negli anni ’70 partecipò direttamente ad azioni criminali tra cui il sequestro dell’ingegner Piero Costa, avvenuto a Genova il 12 gennaio 1977: un rapimento durato 81 giorni, conclusosi con il pagamento di 50 milioni di lire, che furono impiegati per l’acquisto dell’appartamento di via Montalcini 8 a Roma. Quella casa sarebbe diventata la prigione di Aldo Moro, che lì sarebbe stato brutalmente detenuto e infine assassinato.
Il nome di Bertulazzi è dunque legato a uno degli snodi più drammatici della storia repubblicana: il finanziamento del sequestro Moro. Le sue responsabilità non sono una nota a piè di pagina: sono centrali nella storia del terrorismo rosso.
Un criminale protetto per troppo tempo
Latitante dal 1980, Bertulazzi ha beneficiato per oltre 40 anni di una rete di silenzi, ambiguità e complicità ideologiche. Già arrestato nel 2002 a Buenos Aires grazie a un’indagine internazionale condotta dalla Digos di Genova, dall’Interpol e dalla Polizia argentina, era stato rilasciato pochi mesi dopo. Nel 2004, l’allora governo progressista argentino gli aveva concesso lo status di rifugiato politico, vanificando ogni tentativo dell’Italia di ottenere giustizia.
Soltanto nel 2024, con l’arrivo di Javier Milei alla guida del Paese, la musica è cambiata: il nuovo governo ha revocato lo status di rifugiato, permettendo finalmente l’arresto di Bertulazzi il 29 agosto scorso. Dopo una breve scarcerazione a novembre, il 1° luglio 2025 la Corte Suprema ha sancito che nulla ostacola l’estradizione.
La giustizia non è vendetta: è dovere
Le dichiarazioni dei familiari delle vittime non lasciano spazio a interpretazioni. Beppe Costa, figlio di Federico e cugino dell’ingegner Piero Costa, ha parlato con parole chiare: “Bertulazzi fu scorretto anche con i suoi compagni. Non ha avuto il coraggio di affrontare le conseguenze dei suoi gesti”. Mentre molti ex BR hanno pagato con il carcere, alcuni persino con la vita, questo individuo ha scelto la fuga e la copertura ideologica offerta da Paesi stranieri.
Non si tratta di vendetta, ma di riconoscere il dolore delle vittime e dare finalmente senso a uno Stato che non dimentica i suoi martiri. Ogni giorno trascorso da Bertulazzi in libertà è stato un insulto alla memoria di chi ha sofferto a causa della violenza brigatista.
Milei può chiudere il cerchio: l’Italia attende giustizia
Ora l’ultima parola spetta al presidente argentino, che ha già dimostrato coraggio politico e coerenza. Con un semplice atto formale può riportare Bertulazzi in Italia, dove lo attende una condanna definitiva a 27 anni per associazione sovversiva, banda armata e sequestro di persona.
L’estradizione di Bertulazzi sarebbe un segnale importante per il nostro Paese: la giustizia, anche se arriva tardi, può ancora prevalere. E chi ha provato a distruggere la Repubblica con le armi, pagherà – finalmente – per ciò che ha fatto.