Ballottaggi in vista, centrosinistra avanti ma non ovunque
26 Mag 2025 - Italia
Chiusi i seggi in 126 comuni: affluenza stabile, Genova e Matera verso il secondo turno. A Ravenna dominio rosso, ma il campo largo rischia di implodere.

Seggi chiusi in 126 comuni, affluenza stabile al 56,3%
Alle ore 15 di oggi, lunedì 26 maggio, si sono ufficialmente chiusi i seggi nei 126 comuni italiani interessati dalla tornata del primo turno delle elezioni amministrative. Dopo le votazioni in Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, è stato il turno del resto d’Italia, con l’eccezione di Toscana, Sardegna (dove si voterà l’8 giugno) e Valle d’Aosta (consultazioni in autunno). L’affluenza generale si attesta al 56,3%, in linea con quella della precedente tornata. Ma l’attenzione nazionale si è concentrata soprattutto sui quattro capoluoghi chiamati al voto anticipato: Genova, Taranto, Ravenna e Matera.
Genova: la sinistra tenta il colpaccio con Salis, ma l’affluenza è incerta
Dopo gli otto anni dell’amministrazione Bucci, il centrodestra unito ha candidato l’ex vicesindaco Pietro Piciocchi, che deve però fronteggiare Silvia Salis, esponente del cosiddetto “campo largo” di centrosinistra e volto noto anche per il suo passato da dirigente sportiva. Secondo gli exit poll Rai, Salis sarebbe in vantaggio netto (53-57%), mentre Piciocchi si attesterebbe tra il 38 e il 42%. L’affluenza è salita al 52%, in netto rialzo rispetto al 44% del 2022, quando si votò in un solo giorno. Il voto genovese resta comunque aperto e potrebbe ancora riservare sorprese, soprattutto in caso di secondo turno.
Taranto: sfida tripolare dopo il caos Melucci
A Taranto si è votato in un clima teso, dopo la fine anticipata del mandato del sindaco Melucci, sfiduciato da 17 consiglieri. Quattro i principali contendenti: Bitetti per il centrosinistra, Lazzàro per il centrodestra, Tacente con un profilo civico ma sostenuto da Lega e Udc, e Angolano per il M5S. Secondo le prime proiezioni, Bitetti è in vantaggio (37-41%), mentre Lazzàro e Tacente si contendono il ballottaggio. L’affluenza è salita al 56,6%, un dato in netta crescita (+4%) rispetto al 2022.
Ravenna: centrosinistra in carrozza, centrodestra diviso
Nella storica roccaforte della sinistra, il candidato del Partito Democratico Alessandro Barattoni, sostenuto anche da M5S e AVS, si presenta come il favorito assoluto. Il centrodestra si è presentato diviso, con Nicola Grandi (FdI e FI) e Alvaro Incisi (Lega). Gli exit poll premiano Barattoni con un largo margine (61-65%), mentre Grandi si fermerebbe al 21,5-25,5%. L’affluenza è scesa al 49,5%, in calo rispetto al 54% del 2022.
Matera: Bennardi ci riprova, ma il Pd vede la vittoria al primo turno
La crisi interna al M5S ha spinto l’ex sindaco Domenico Bennardi a dimettersi, per poi ricandidarsi con il simbolo pentastellato. Il centrosinistra ha puntato su Roberto Cifarelli, mentre il centrodestra si affida ad Antonio Nicoletti. Secondo le proiezioni, Cifarelli è vicino alla vittoria al primo turno (44,5%-48,5%), mentre Nicoletti si ferma tra il 31,5 e il 35,5%. Bennardi è dato molto distante. Il dato sull’affluenza (65,2%) è in calo rispetto al 70,8% del 2020.
Sfide ancora aperte in vista dei ballottaggi
Il primo turno ha confermato alcuni equilibri tradizionali, ma ha anche aperto a scenari nuovi. A Genova e Matera il centrosinistra spera di chiudere al primo turno, ma molto dipenderà dai risultati definitivi e dall’eventuale ballottaggio dell’8-9 giugno. Ravenna sembra già blindata, mentre Taranto resta incerta. Le urne hanno parlato, ma i giochi politici sono tutt’altro che finiti.
In controluce, si intravede anche una possibile strategia futura: la sinistra potrebbe essere sempre più tentata di affidarsi al cosiddetto “campo larghissimo” come unica via per rimanere competitiva, aggregando tutto e il contrario di tutto pur di arrivare al ballottaggio o alla vittoria. Una formula che si rivela forse vincente in termini elettorali, ma che rischia di dimostrarsi sterile sul piano amministrativo, vista la profonda disparità di visioni, priorità e culture politiche che la compongono. Un’eterogeneità che spesso esplode già il giorno dopo le elezioni, mettendo in crisi la coesione delle maggioranze.