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A Roma la sinistra in piazza per la Palestina: il Pd schiera il Campo largo, ma rinnega Israele

7 Giu 2025 - Italia

Mentre Calenda e Renzi tentano l’equilibrismo “due popoli, due Stati”, il Pd scende in corteo con M5S e Avs, abbracciando una linea radicale filo-palestinese e spezzando il legame storico con l’ebraismo democratico.

A Roma la sinistra in piazza per la Palestina: il Pd schiera il Campo largo, ma rinnega Israele

La manifestazione a Roma: una piazza tutta filo-palestinese

Oggi, nel cuore di Roma, si terrà una manifestazione nazionale pro Palestina fortemente voluta e sostenuta dai partiti del cosiddetto Campo largo: Partito Democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. Una piazza che si preannuncia imponente, ma che racconta molto dello spostamento ideologico in atto all’interno della sinistra italiana, sempre più disposta a rinunciare a ogni forma di equilibrio sul conflitto israelo-palestinese pur di inseguire le sue frange radicali.

A sfilare non ci saranno le bandiere d’Israele. A guidare il corteo ci sarà Elly Schlein, e con lei Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni, in una saldatura che abbandona definitivamente la storica posizione “due popoli, due Stati” per abbracciare senza mediazioni la causa palestinese, in alcuni casi arrivando perfino a tollerare ambiguità gravi nei confronti di Hamas.

La sinistra riformista rifiutata: il caso Milano

Solo ieri, al teatro Franco Parenti di Milano, una parte della sinistra – quella riformista e liberale – ha provato a dire qualcosa di diverso. Matteo Renzi e Carlo Calenda, affiancati da figure storiche del Pd come Graziano Delrio, Pina Picierno, Marianna Madia e Lia Quartapelle, hanno dato vita a un’iniziativa dal titolo inequivocabile: «Due popoli, due Stati, un destino». L’idea di un’area democratica capace di difendere tanto la legittimità dello Stato d’Israele quanto i diritti del popolo palestinese.

Sul palco, tra gli altri, anche un dissidente palestinese anti-Hamas e la voce degli ostaggi israeliani: un tentativo – lucido – di uscire dalla logica binaria di chi grida solo “Palestina libera” senza mai condannare Hamas, né ricordare gli attacchi del 7 ottobre.

Ma quel messaggio è stato ignorato da Schlein e compagni. Iv, Azione e «Sinistra per Israele» avevano chiesto condizioni minime per partecipare alla manifestazione di oggi a Roma – bandiere di entrambi i popoli, condanna di Hamas, niente slogan estremisti – ricevendo in cambio solo un rifiuto glaciale. Calenda ha commentato amaramente: «Schlein ci avrebbe anche ascoltato, ma i 5 Stelle e Avs vogliono questa piazza tutta per sé. È avvilente».

Un Pd che ha fatto la sua scelta: addio Israele

La realtà è che il Partito Democratico ha fatto la sua scelta. Ha deciso di cavalcare il radicalismo ideologico, abbandonando ogni residuo di equilibrio. Il risultato? Una manifestazione in cui l’antisraelismo non sarà marginale, ma costituente. Una piazza che rischia di essere egemonizzata da sigle che non hanno mai nascosto la loro simpatia per Hamas o per forme di resistenza armata violenta.

Mentre all’esterno del teatro Franco Parenti gli Amici di Israele e la Brigata ebraica protestavano in modo civile, Calenda subiva critiche per aver chiesto sanzioni contro Israele. Renzi, più prudente, ha ricordato che «Israele ha il diritto e il dovere di esistere», ma ha anche ribadito con forza che i palestinesi vanno liberati dalla dittatura di Hamas, «la più grande e terribile dittatura oggi».

La diaspora ebraica guarda altrove

Tutto questo rischia di avere un prezzo altissimo. Il Pd, abbandonando Israele, spezza un legame profondo con la diaspora ebraica che per decenni ha guardato alla sinistra italiana come a un interlocutore affidabile. Ora quel filo si sta spezzando. Per la prima volta nella storia repubblicana, il principale partito progressista italiano scende in piazza senza più il sostegno – e senza il rispetto – delle comunità ebraiche.

In nome di un malinteso solidarismo militante, la sinistra italiana sta riscrivendo la sua identità. Ma lo fa sulla pelle della verità, della complessità e – soprattutto – della sua stessa credibilità.

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