A Istanbul si gioca la pace: Trump ordina, Putin apre, Zelensky obbedisce
12 Mag 2025 - Mondo
Trump comanda, Putin apre, Zelensky obbedisce: a Istanbul si prepara l’incontro che può cambiare il destino dell’Europa.

Putin rilancia i negoziati, la pace ora è possibile
Con un gesto tanto inatteso quanto strategico, Vladimir Putin ha rotto gli indugi proponendo la ripresa dei colloqui di pace diretti con l’Ucraina il 15 maggio a Istanbul, senza alcuna precondizione. Un’iniziativa che conferma come Mosca non abbia mai realmente chiuso la porta al dialogo, nonostante anni di provocazioni, armamenti NATO alle porte e un’ostinazione occidentale nel soffiare sul fuoco del conflitto.
Putin ha scelto la via diplomatica. La Russia, isolata a parole ma centrale nei fatti, si muove ora con la consapevolezza di chi ha già raggiunto i suoi obiettivi militari principali sul terreno e cerca una soluzione politica onorevole, aperta, pragmatica.
Trump detta la linea: “Kiev accetti subito”
Se Putin ha proposto, è Donald Trump a imprimere il vero slancio all’iniziativa. L’attuale presidente degli Stati Uniti ha detto chiaramente ciò che molti in Europa si ostinano a non voler sentire: “L’Ucraina deve accettare immediatamente l’invito ai negoziati”. Nessun giro di parole, nessun tecnicismo diplomatico: Trump parla da leader.
La posizione americana è finalmente tornata alla razionalità: niente ultimatum ideologici, niente precondizioni folli, ma un confronto chiaro per valutare se una pace è possibile o meno. Per Trump è tempo di smetterla con le ambiguità: “Se Putin bluffa, lo vedremo. Ma se è serio, questa è l’occasione giusta”.
Zelensky costretto a rispondere: “Ci vediamo a Istanbul”
Con la forza di due dichiarazioni coordinate – quella di Mosca e quella di Washington – Volodymyr Zelensky si è visto politicamente obbligato a rispondere. Il presidente ucraino, fino a ieri incollato alla retorica bellicista dell’UE e dei democratici americani, ora rilancia: “Aspetto Putin in Turchia giovedì. Spero non si inventino scuse”.
Il cambio di tono è evidente. Non più l’Ucraina barricata su posizioni ideologiche, ma un’Ucraina pronta a parlare, perché così è stato chiesto da chi paga le sue forniture militari. Zelensky sa che l’asse Trump-Putin, se trova concretezza, lo lascia senza sponda internazionale in caso di rifiuto.
Il pressing dell’Occidente: retorica in affanno
Le dichiarazioni provenienti da Bruxelles appaiono improvvisamente stonate. Chi aveva scommesso sulla guerra “fino all’ultimo ucraino” si trova ora davanti alla concreta possibilità che si arrivi a una pace mediata, non gestita dai tecnocrati europei ma da due statisti: Trump e Putin.
Le parole di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, vanno lette con attenzione: “Se concediamo una tregua lunga, Kiev la userà per riorganizzare il fronte e addestrare nuovi soldati”. E non ha torto. Ogni tregua, per l’Ucraina, è finora stata occasione per un’escalation, non per un dialogo.
Il bivio di Mosca: Putin mostrerà coerenza
La Russia ha annunciato l’invio di una delegazione a Istanbul. Se il presidente sarà presente, la volontà di Mosca sarà confermata. Se invece si presenteranno figure di secondo piano, l’Ucraina e l’Occidente potranno accusare un bluff. Ma con Trump in cabina di regia, è lecito aspettarsi una pressione strategica affinché Putin giochi a carte scoperte.
La diplomazia è tornata sul tavolo. Ma stavolta non è quella grigia e fallimentare di Bruxelles. È quella dei leader veri, quella che tratta sulla base della realtà e non delle ideologie.